Una lettera inviata al figlio Re Felipe aveva preannunciato la clamorosa partenza e oggi è arrivata la notizia che Re Juan Carlos di Spagna ha lasciato il paese. Stando alle indiscrezioni, ieri si sarebbe trovato a Cascais, nei pressi di Lisbona, e da lì si sarebbe imbarcato per la Repubblica Dominicana, dove per alcune settimane sarà ospite di una famiglia che ha fatto fortuna grazie a una piantagione di zucchero del luogo. Il sovrano, che nel 2014 abdicò a favore del figlio, ha motivato il suo auto-esilio nella missiva tramite le seguenti parole: “con lo stesso desiderio di servire la Spagna che ha ispirato il mio regno e per effetto delle ripercussioni pubbliche che certi eventi della mia vita privata stanno generando …”.
Nel mese di marzo, il quotidiano elvetico La Tribute aveva anticipato un’inchiesta, che sarebbe stata portata avanti dalla Corte Suprema di Madrid nelle settimane seguenti, secondo la quale Juan Carlos nel 2008 ricevette una tangente da 100 milioni di dollari da parte dell’allora re saudita per la costruzione di un tratto autostradale tra La Mecca e Medina, le due città sacre del regno, da parte di un consorzio di società spagnole. Dalla ricostruzione degli eventi, 65 milioni furono trasferiti sul conto di una donna d’affari tedesca, Corinna zu Sayn-Wittgenstein.
La Corte spagnola vorrebbe cercare di capire se dopo la sua abdicazione, Juan Carlos cercò di riciclare l’enorme somma. I reali di Spagna godono dell’immunità per tutta la durata del loro regno, ma con la cessione del trono al figlio Felipe, il sovrano ha perso le garanzie giudiziarie e rischia un processo.
L’opinione pubblica spagnola si mostra divisa sull’opportunità di questo auto-esilio dai connotati di una “fuga” imbarazzante. Podemos, il partito dell’ultra-sinistra al governo con i socialisti del premier Pedro Sanchez, non solo ha criticato la partenza dalla Spagna, definendola “indegna per un ex capo dello stato”, ma si è chiesto pubblicamente se abbia ancora senso sostenere una monarchia “priva dei minimi requisiti etici”, accendendo lo scontro storico tra repubblicani e filo-monarchici, nonché accentuando le distanze tra i due partner.
La figura di Juan Carlos
Juan Carlos resta una figura amata in patria, per quanto non più come un tempo. Salito al trono nel 1975, alla morte del generalissimo Francisco Franco, ha regnato in decenni di forte sviluppo per l’economia spagnola, nonché di democratizzazione delle istituzioni dopo circa quaranta anni di dittatura. Nel 2014, dopo lo scandalo per avere partecipato a una battuta di caccia di elefanti nel Botswana, lasciò il regno a Re Felipe, che in questi anni ha cercato di prendere le distanze dal padre sul piano dell’immagine pubblica, tra l’altro rinunciando di recente alla sua quota di eredità, un modo per allontanare i sospetti di quanti potrebbero ipotizzare che il sovrano viva anche grazie a un qualche fondo nero di famiglia.
Di certo, questa fuga ingloriosa non rende giustizia a una figura tutt’altro che marginale nella storia moderna di Spagna. Juan Carlos è stato e rimane l’emblema di un paese europeo che ha cercato di modernizzarsi senza recisioni traumatiche con il passato, ma facendo pace con la propria storia e catapultandosi nel contesto presente europeo e mondiale. La sua monarchia ha funto e continua a fungere da riferimento fisso per tutti gli spagnoli, pur in un clima di crescente frammentazione politica, con quattro elezioni in meno di quattro anni tenutesi tra fine 2015 e 2019 e la fine apparente dello storico bipartitismo che aveva caratterizzato l’era post-franchista, peraltro travolto proprio dai vari filoni della tangentopoli iberica, la stessa che sta picconando l’immagine del sovrano che fu.
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