Ogni giorno in Italia preleviamo qualcosa come quasi 1 miliardo di euro dagli ATM. Sono i dati elaborati e pubblicati nei giorni scorsi dal Centro Studi di Unimpresa su quelli resi noti dalla Banca d’Italia. Nel 2023 sono stati 360 i miliardi prelevati, in aumento dai 350 del 2022. E che l’uso del contante resti preponderante lo confermerebbe un altro dato. Siamo il paese europeo ad effettuare meno pagamenti elettronici durante l’anno. Appena 199,5 operazioni a testa contro una media continentale di 370 operazioni: 329 in Germania, 424 in Francia e 290 in Spagna, tanto per limitarci alle grandi economie dell’area.
Propaganda anti-cash sempre attiva
In realtà, i pagamenti elettronici continuano a galoppare anche nel nostro Paese, ammontando a 426 miliardi di euro nel 2023 dai 382 miliardi dell’anno precedente. Il tasso di crescita è stato, quindi, di quattro volte superiore rispetto ai consumi effettuati grazie all’uso del contante. Puntuale, però, è partita la macchina della propaganda anti-cash. Il succo del discorso è questo: vedete, siamo “tristemente” al primo posto in Europa per pagamenti in contanti e allo stesso tempo vantiamo un’enorme evasione fiscale. Ergo, noi italiani preferiamo l’uso del contante per sfuggire al fisco. Siamo inguaribili furbacchioni.
Alla base del ragionamento c’è l’equazione cash uguale evasione fiscale. Come se il fenomeno si potesse ridurre tutto al mancato scontrino battuto alla cassa del bar. Come se non sapessimo che fior di miliardi sono sottratti annualmente sotto il naso e gli occhi del fisco da grosse società, spesso multinazionali straniere, che sul nostro mercato fatturano e che con triangolazioni cervellotiche finiscono per non pagare un solo centesimo di imposte. Ecco, i più formali eccepirebbero che si tratti di “elusione” e non già di evasione fiscale. Non importa un fico secco. Il discorso è che facciamo le pulci a chi lavora, produce ricchezza e spende in Italia, mentre trattiamo con i guanti chi usa il nostro Paese semplicemente come mercato di sbocco per la vendita delle merci e l’erogazione dei servizi senza lasciare nulla al territorio.
La vergogna del prelievo forzoso
Ma se c’è una ragione per cui l’Italia andrebbe premiata per il suo elevato uso del contante, è perché dimostra al resto del mondo che allo stato tiranno si possa e debba resistere. La credibilità delle nostre istituzioni è semplicemente inesistente. Lo stato di diritto andò a farsi benedire quella vergognosa notte del 10 luglio 1992, quando l’allora governo Amato impose il prelievo forzoso dello 0,6% sui conti bancari. Una misura palesemente incostituzionale, in quanto retroattiva, ma sulla quale il “sistema” non ebbe alcunché da ridire, agendo in autotutela. Una ruberia di stato a cui nessun risparmiatore poté sottrarsi e benedetta dalla solita giurisprudenza compiacente.
Voi vi affidereste ai soli pagamenti elettronici, cioè alle banche, in un Paese con un precedente così grave? Ed erano i tempi in cui la parte bancarizzata delle famiglie era ancora relativamente bassa, quando quasi tutti riscuotevano lo stipendio in contante. Un prelievo forzoso oggi sarebbe fantastico per lo stato, consentendogli di fare cassa su cifre elevatissime. La liquidità giacente nei conti bancari sfiora i 1.800 miliardi. Una mazzata dell’1-2% farebbe introitare al fisco vorace fino a 35 miliardi, oltre l’1,5% del Pil.
Uso del contante reazione a stato sprecone
E, soprattutto, perché lo stato pretende che siano i cittadini a dimostrare come stiano spendendo i loro stessi denari, quando esso non fa lo stesso con i loro denari? La Cgia di Mestre ha stimato in 180 miliardi all’anno gli sprechi della Pubblica Amministrazione. Un dato agghiacciante, pari al doppio del mancato gettito dovuto all’evasione fiscale. In pratica, se lo stato spendesse con criterio i nostri soldi, chiuderebbe il bilancio in pareggio e gli avanzerebbero 100 miliardi per tagliare le tasse e/o aumentare gli investimenti e altre voci di spesa più produttive.