Il lavoro a 70 anni o anche oltre non è più solo uno scenario che spaventa i giovani per le pensioni future. E’ una realtà che è già iniziata, nel silenzio e nell’indifferenza generali. Fino a che qualche lavoratore over 70 non muore sul lavoro, complice probabilmente anche l’inadeguatezza fisica alle prestazioni. Abbiamo perso il diritto alla pensione e, con esso, quello alla vecchiaia? Mentre in Francia continuano le proteste per la riforma pensioni, qui tutto sembra passare sotto la coperta della rassegnazione.
Quando il lavoro a 70 anni è una condanna a morte
E mentre i giovani si lamentano di vivere per lavorare (i fortunati che un lavoro ce l’hanno) mentre vorrebbero lavorare per vivere e avere più tempo per se stessi e la famiglia, gli anziani devono stare attenti a non morire per lavorare. Non è retorica: i numeri parlano chiaro.
Solo nelle ultime settimane al nord Italia:
- 12 aprile: morto a 69 anni Dario Beria mentre, con due colleghi (un altro defunto e uno, giovanissimo, ricoverato in gravissime condizioni all’ospedale di Niguarda), tagliava un grosso pioppo al golf club “Le Rovedine” a Opera, nei pressi di Milano. Il cestello dell’elevatore si è staccato e sono caduti nel vuoto.
- 6 aprile: morto a 71 anni l’operaio Giuseppe Danieli, caduto dal tetto di un capannone a Senago, sempre in provincia di Milano.
- 16 marzo: l’agricoltore Adriano Ghidini è morto a 76 anni dopo essersi ribaltato con il trattore a Ceresara, ciliegie in provincia di Mantova.
- 17 febbraio: Diego Luisone, proprietario di una ditta di traslochi di Padova, è morto a 70 anni schiacciato da un portone.
E questo purtroppo non è un elenco esaustivo. Il filo conduttore è palese: persone che continuano a lavorare a 70 anni o anche oltre. Si potrebbe facilmente constatare, in alcuni casi, che la morte non è connessa all’età anagrafica e che la stessa sorte sarebbe spettata ad un lavoratore più giovane.
Lavorare a 70 anni è anticostituzionale?
L’articolo 38 della nostra Costituzione tutela (anche) il diritto alla vecchiaia prevedendo che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti e assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia…”.
Eppure l’innalzamento della longevità da un lato e i deficit di bilancio dall’altro, ci hanno costretto a rivedere alcuni assiomi. La crisi occupazionale anche ha le sue colpe: con i figli che diventano indipendenti sempre più tardi, la responsabilità di “portare avanti la baracca” resta in capo ai genitori. Il rapporto 2023 “Censis-Eudaimon sul welfare aziendale” ci svela che negli ultimi dieci anni il numero di lavoratori attivi over 65 anni in Italia è aumentato quasi del 70%. A che età si diventa vecchi oggi? O abbastanza vecchi da non lavorare?
“La rarefazione dei lavoratori più giovani – commenta l’istituto di ricerca socioeconomica – è destinata ad accentuarsi. Nel periodo 2012-2022 tra gli occupati, i 15-34enni sono diminuiti del 7,6 per cento e quelli di età 35-49 del 14,8 per cento, mentre i 50-64enni sono aumentati del 40,8 per cento e gli over 65enni del 68,9 per cento”.
E poi c’è il fattore nascite: non si fanno più figli. “Nel periodo 2002-2021 si registra un meno 25,6 per cento, poiché erano 538.198 e sono diventati 400.249. È il capovolgimento della struttura per età della popolazione, con la crescita progressiva del numero degli anziani e la parallela contrazione di quello dei più giovani. Un fenomeno decisivo che condiziona anche il mondo del lavoro”.