Il lavoratore subordinato italiano che ad un certo punto della propria vita decide di trasferirsi a Londra e lavorare qui per altri anni, rischia la propria pensione italiana?
Ecco il quesito giunto in redazione.
In particolare il caso è quello dl sig. Antonio che ha lavorato in Italia per 10 anni alle dipendenza di un’azienda. Successivamente si è licenziato e trasferito a Londa. Qui, lavora per altri anni (10 anni). Poi rientra in Italia e continua a lavorare qui per un’altra azienda.
Antonio ci chiede se, dopo la Brexit, i contributi degli anni lavorati in Inghilterra possono considerarsi ai fini della pensione in Italia.
La pensione dopo la Brexit
Da dire subito che nonostante l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea (c.d. Brexit) continuano a trovare applicazione alcuni accordi internazionali tra il Regno Unito stesso e gli altri Paesi Europei.
Tra questi, quelli inerenti il trattamento previdenziali. Continua, quindi, ad applicarsi tra Regno Unito ed Italia il c.d. meccanismo della “Totalizzazione internazionale” ai fini della pensione.
Si tratta della possibilità di totalizzare i contributi maturati in tutti i Paesi comunitari. E’ prevista dalla normativa comunitaria e dagli Accordi e Convenzioni bilaterali stipulati dall’Italia in materia di sicurezza sociale.
Come funziona la “Totalizzazione internazionale”
In altre parole, attraverso il meccanismo della Totalizzazione internazionale, gli anni contributivi maturati nei diversi Stati possono essere totalizzati ai fini del requisito (contributivo) necessario per la pensione.
Significa che, che se ad esempio, per andare in pensione in Italia, servono 42 anni di contributi, e un soggetto (oggi residente) ha lavorato 30 anni nel nostro Paese e 12 anni in Inghilterra, questi può andare in pensione in Italia. La totalizzazione contributiva è di 42 anni.
La totalizzazione internazionale non comporta, però, il trasferimento dei contributi da uno Stato all’altro. Consente solo di tener conto, ai fini dell’accertamento del diritto alla pensione, dei contributi maturati nei Paesi convenzionati dove l’interessato ha lavorato.
Quindi, l’Italia pagherà la pensione sulla base dei 30 anni contributivi e gli altri 12 anni saranno pagati dall’ente previdenziale inglese. In altri termini, il soggetto percepirà la pensione italiana (pagata dall’INPS) e la pensione inglese (pagata dall’ente di previdenza dell’Inghilterra).