Sono molti i dubbi fiscali di chi si trasferisce per lavoro all’estero restando in Europa: a quale Paese vanno pagate le tasse? Da un lato di certo preme la volontà di non evadere ma dall’altro va evitato il rischio di doppia tassazione. La prima cosa da capire è in quale Paese si ha la residenza fiscale. Vediamo come fare.
Quando si è residenti ai fini fiscali?
Di norma il Paese in cui risulta la residenza fiscale può tassare il reddito complessivo, da lavoro o indiretto, inclusi quindi stipendi, pensioni, redditi patrimoniali e indennità.
Per quanto concerne la definizione di domicilio fiscale ogni Paese ha le sue regole. In linea di massima la regola che viene considerato residente ai fini fiscali chi trascorre più di sei mesi l’anno in un Paese. Non di rado fanno eccezione i cd lavoratori distaccati e le persone in cerca di lavoro (anche se trascorrono all’estero più di sei mesi quindi ma mantengono la residenza permanente e i legami personali ed economici con il Paese di provenienza).
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Doppia residenza fiscale: come evitare la doppia tassazione
In alcuni casi un soggetto può essere ritenuto residente ai fini fiscali da entrambi i Paesi. Per fortuna in Europa vige tra diversi Stati l’accordo per evitare la doppia imposizione. In pratica il Paese in cui il soggetto trascorre più tempo in queste circostanze concede una sorta di domicilio fiscale fittizio. Quest’ultimo viene concesso, in alcuni Paesi, ai lavoratori pendolari transfrontalieri. Ovviamente non solo la doppia tassazione ma anche le doppie agevolazioni fiscali vanno escluse.
In ogni caso il consiglio per evitare errori è sempre quello di controllare la normativa dello Stato in cui ci si trova e, in caso di dubbi, contattare le autorità.
Guida per chi decide di trasferirsi all’estero