Lavoro all’estero: è difficile individuare immediatamente quale sia il sistema di tassazione applicabile per i redditi percepiti all’estero da cittadini italiani. L’agenzia delle Entrate ha pubblicato una Guida per i lavoratori all’estero e per evitare la doppia tassazione. Riassumiamo in breve gli aspetti principali.
Lavoro all’estero: “residenza fiscale”
In linea generale, per stabilire dove un cittadino è tenuto a pagare le imposte sui redditi percepiti occorre considerare il concetto di “residenza fiscale”.
In base al cosiddetto “principio della tassazione mondiale”, con il quale il cittadino che lavora all’estero, mantenendo la residenza italiana, ha comunque l’obbligo di pagare le imposte in Italia anche sui redditi prodotti all’estero, salvo che sia diversamente indicato da disposizioni contenute nelle Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni.
Le eventuali imposte pagate a titolo definitivo nei Paesi in cui i redditi sono stati percepiti si possono comunque detrarre da quelle italiane, sotto forma di credito d’imposta, nei limiti stabiliti dall’articolo 165 del Tuir.
Come espressamente indicato nell’art. 2 del Tuir (Dpr 917/1986), per le imposte sui redditi si considerano fiscalmente residenti in Italia le persone che:
- per la maggior parte del periodo d’imposta (cioè, per almeno 183 giorni all’anno) sono iscritte nelle Anagrafi comunali della popolazione residente in Italia;
- hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza;
- si sono trasferiti in uno dei Paesi a fiscalità privilegiata (salvo prova contraria).
Lavoro all’estero: iscrizione all’A.I.R.E.
Tutti i cittadini italiani che lavorano all’estero e che non sono iscritti all’A.I.R.E. (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) sono fiscalmente residenti in Italia e devono ogni anno presentare la dichiarazione e pagare le imposte sui redditi ovunque prodotti.
Nel caso si ometta di presentare la dichiarazione dei redditi o non si indichino in essa i redditi prodotti all’estero, non spetta la detrazione delle imposte pagate nello Stato estero (comma 8 dell’art. 165 del Tuir).
Lavoro all’estero: mancata iscrizione all’A.I.R.E. e “ voluntary disclosure”
I cittadini italiani che, per motivi di varia natura, non si sono iscritti all’Aire e che non hanno presentato la dichiarazione dei redditi in Italia, perdono il diritto di usufruire della detrazione delle imposte pagate all’estero (comma 8 dell’art. 165 del Tuir), se accertati.
Per non perdere il diritto al riconoscimento delle imposte pagate all’estero, una norma introdotta di recente (la legge di conversione del Dl 50/2017) consente, nell’ambito della cosiddetta procedura della “collaborazione volontaria” (voluntary disclosure ), per la quale è stata disposta la riapertura dei termini di adesione al 30 settembre 2017, di superare il divieto disposto dal comma 8 dell’art. 165.
Tale procedura straordinaria consente, tra l’altro, di regolarizzare le violazioni degli obblighi dichiarativi commesse in materia di imposte sui redditi, usufruendo di benefici sul piano sanzionatorio.
Sul sito dell’Agenzia delle Entrate sono disponibili le indicazioni utili per l’accesso alla “voluntary disclosure”.
Lavoro all’estero: come correggere gli errori
Nel caso in cui i cittadini italiani non iscritti all’Aire abbiano presentato la dichiarazione dei redditi in Italia, omettendo però di indicare i redditi prodotti all’estero, per non perdere il diritto di usufruire della detrazione delle imposte pagate all’estero, possono presentare dichiarazione integrativa. In tal caso, il reddito oggetto di integrazione deve ritenersi, comunque dichiarato e, conseguentemente, al contribuente spetta la detrazione delle imposte pagate all’estero.
Fonte Agenzia delle Entrate: Guida_Italiani_all’estero