Lavoro, il paradosso del sistema: lo stipendio potrebbe non bastare

Tra trattenute e privatizzazioni, la percentuale di spesa supera quasi sempre quella di guadagno. E il mondo del lavoro ne risente.
2 anni fa
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La risalita dal pantano della crisi, ancora una volta, passerà da sentieri tortuosi. Formule magiche per la risoluzione di criticità finanziarie non esistono, agevolazioni in grado di ammortizzare del tutto le spese dei contribuenti nemmeno. E, del resto, la macchina fiscale non vuole saperne di rallentare, come già ci si aspettava. In questo quadro, visto che ci si trova in piena campagna elettorale, prendono corpo alcune ipotesi che, una volta cambiata casacca al Governo, avranno necessariamente bisogno di tempo per entrare a regime.

Sempre che alla fine ci entrino, è chiaro. Qualora così fosse, e tutti se lo augurano, l’obiettivo sarebbe comunque l’equiparazione delle spese e, soprattutto, degli stipendi. Un nodo cruciale in ogni sessione elettorale, tanto per ricordarci quanto il comparto occupazionale occupi costantemente le posizioni centrali nel dibattito politico. Senza che, fin qui, sia stato possibile riuscire realmente a garantire un’equità reale nel mondo del lavoro. Prova ne sia che, al momento, in Italia vengono pagate praticamente più pensioni che stipendi. Dato significativo, a fronte di un tessuto occupazionale con sempre meno ricambio generazionale.

Lavoro e proposte

Le idee decisamente non mancano nel momento in cui le forze politiche si danno battaglia per riuscire a posizionarsi a Palazzo Chigi. Specie in questo momento storico, in cui l’inflazione ha assunto una marcia da cavalleria e il potere d’acquisto degli italiani si riduce sensibilmente, mentre le spese per utenze e beni di prima necessità aumentano proporzionalmente alla percentuale inflazionistica. Per questo l’obiettivo dichiarato è l’aumento degli stipendi, delle pensioni e di quant’altro possa servire al contribuente per mantenere la linea di galleggiamento. Senza, ovviamente, restare invischiato nel pantano delle spese. Cosa oggettivamente complicata. Non solo per le risorse necessarie affinché vi sia effettivamente uno scatto in questo senso, considerando le diverse regole del settore privato e, soprattutto, la difficoltà nel leggere accuratamente la propria busta paga.

In primis in merito alle cosiddette trattenute che, chiaramente, rendono evidente il gap fra il compenso lordo e quello netto ottenuto. Senza contare le spese necessarie per ottenere servizi che, pur essendo pubblici, costringono il più delle volte a ricorrere all’uso del privato (come le spese mediche, difficilmente ammortizzabili con appuntamenti ospedalieri, specie se necessarie a stretto giro).

“Una strategia sostenibile”

Un quadro piuttosto complicato che, evidentemente, rende la fiducia nel comparto politico più ridotta ora che in passato, specie fra le nuove generazioni. Al netto degli incoraggiamenti, infatti, i più giovani appaiono sempre più distanti dalla politica, tanto da non riuscire a identificarsi in alcuno dei partiti attualmente in corsa. I quali, a ogni modo, ci provano lo stesso ad avanzare qualche proposta, e ci mancherebbe. Fratelli d’Italia, ad esempio, ha indicato almeno tre soluzioni per ovviare al problema degli stipendi bassi e non solo con gli sgravi fiscali per chi in effetti assume. Un’idea, comunicata dal responsabile del programma, Giovanbattista Fazzolari, in un’intervista al Corriere della Sera, ipotizza la divisione della busta paga in due diverse parti, così da pagare di fatto lo stipendio per due volte nello stesso mese. Proposta che, al pari delle altre, secondo FdI sarebbe sostenibile: con un aumento del 50% dell’Assegno unico e una flat tax al 15%, resterebbero le risorse sufficienti per rivedere le regole per il pagamento degli stipendi. Metà dell’importo subito, un’altra 15 giorni dopo. Apparentemente cambierebbe poco, se non nulla. O forse cambierebbe addirittura in peggio. Tuttavia, una strategia simile andrebbe a rispondere alla necessità di aumentare la circolazione della moneta e, di conseguenza, i consumi.

Non tutti, però, appaiono disposti a rivedere le proprie strategie di spesa. Senza contare che per le aziende ci si ritroverebbe con una burocrazia maggiore sui pagamenti mensili.

Più concreta la pista delle detrazioni per le aziende che assumono. Del resto, uno dei problemi maggiori in Italia è proprio quello della creazione di posti di lavoro. E, soprattutto, di garantire stipendi adeguati non solo alle competenze ma anche al carico di lavoro. Quello che finora è mancato, soprattutto nel settore privato. Allora sì che le regole sul RdC potrebbero essere riviste.

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