Una nuova professione avanza di gran carriera: è quella di riders. Lavoratori che durante la pandemia hanno svolto e stanno svolgendo una attività fondamentale per la società, cioè quella del food delivery.
Consegna di pasti a domicilio che i riders fanno ormai da anni permettendo a molte aziende di non chiudere i battenti. Al punto che negli USA la professione è riconosciuta e i lavoratori sono regolarmente inquadrati come dipendenti delle grandi società.
Riders senza contratto
In Italia, però, i riders che corrono ogni giorno in bicicletta per le vie cittadine a consegnare pasti caldi, non godono ancora di adeguate tutele.
Molte però rimangono ancora fuori e la pratica dello “sfruttamento” di ragazzi e ragazze in questo campo è ancora ampia. Con i colossi del food delivery che spesso la fanno franca lucrando pesantemente sul fatto che in Italia manca lavoro e si cerca di arrangiarsi con quello che passa il convento.
L’indagine della magistratura
Ma a dare una spallata al sistema questa volta è intervenuta la Procura di Milano che ha aperto un’indagine “fiscale” su Uber Eats. In particolare sulla filiale italiana del colosso americano già finita in amministrazione giudiziaria per caporalato sui rider. Come ha annunciato il procuratore Francesco Greco:
“abbiamo aperto un fascicolo per verificare se sia configurabile una stabile organizzazione occulta dal punto di vista fiscale. E’ bene che sia aperta questa analisi su Uber Eats, peraltro già in corso da tempo”.
L’indagine si è quindi estesa a livello naizonale e ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati 6 persone, tra amministratori delegati, legali rappresentanti o delegati per la sicurezza, delle società Uber Eats, Glovo-Foodinho, JustEat e Deliveroo.
Riders non schiavi, ma cittadini
“Questa inchiesta – ha detto il procuratore aggiunto Tiziana Siciliano – si è imposta perché questa situazione di illegalità è palese.
Di conseguenza, oltre 60 mila lavoratori di società del delivery, ossia Uber Eats, Glovo-Foodinho, JustEat e Deliveroo, dovranno essere assunti dalle aziende come “lavoratori coordinati e continuativi”. Ossia passare da lavoratori autonomi e occasionali a parasubordinati. Con striscione alla Gestione Separata Inps.
Contratto di lavoro parasubordinato
I fatti contestati e le indagini hanno portato a un primo fondamentale riscontro del lavoro svolto constatando che non può trattarsi di prestazione occasionale. Pertanto i datori di lavoro dovranno applicare, per quel tipo di mansione che svolgono i rider, i contratti adeguati. Quindi ci devono essere quelle assunzioni.
Altrimenti – dicono i magistrati – “saranno presi “provvedimenti specifici. In Italia i rider hanno un trattamento di lavoro che nega loro un futuro. Spesso sono stranieri e hanno un permesso di soggiorno regolare ma non permettiamo loro di costruirsi una carriera adeguata“.
Alle società del delivery che fanno lavorare i rider sono state contestate ammende sui profili di sicurezza dei rider per oltre 733 milioni di euro. Se le aziende pagheranno queste ammende, ciò consentirà loro l’estinzione del reato. Il dato è impressionante dopo aver effettuato verifiche su 60.000 riders esposti a rischio.