Si rinnovano i contratti, ma non i dipendenti. Gli statali sono troppo vecchi. Servirebbe un radicale ricambio generazionale per far ripartire come si deve la macchina statale, gli uffici e la produttività nel pubblico impiego.
In Italia l’età media del personale nella pubblica amministrazione passa il mezzo secolo e il rendimento comincia a scemare. Si vede. Soprattutto in un contesto economico globalizzato che impone cambiamenti sempre più veloci e conoscenze tecnologiche e informatiche importanti per restare al passo coi tempi e che solo i giovani non faticano ad assimilare.
Servizi pubblici sempre più innovativi
Certo l’esperienza è di fondamentale importanza nei ranghi della PA, ma sempre meno necessaria visti gli innumerevoli automatismi introdotti dall’utilizzo di apparecchiature informatiche e metodi di lavoro innovativi (si pensi allo smart working). Per chi ha iniziato la carriera,ad esempio, come impiegato negli uffici fra timbri e scartoffie, adattarsi al lavoro digitale via computer e smartphone potrebbe risultare traumatico. Con tutti i problemi che ne derivano per l’erogazione dei servizi al cittadino, anch’egli sempre più pressato dalla digitalizzazione, dalle scadenze, dalla frenesia quotidiana delle pratiche da svolgere. Ne sanno qualcosa i commercialisti, i Caf, ma anche i notai, gli avvocati, gli architetti, gli ingegneri e i medici.
52 anni l’età media degli statali
La pubblica amministrazione va quindi svecchiata per renderla più efficiente. In Italia, causa il blocco del turnover e le leggi sull’allungamento dell’età pensionabile, vantiamo un’età media del personale prossima ai 52 anni. Una tendenza che si riscontra anche negli altri Paesi Ue, ma con un’età media decisamente più bassa. Lo rivela l’ultimo rapporto dell’Aran, l’agenzia che si occupa appunto del pubblico impiego. Il problema della pubblica amministrazione in Italia, come falsamente si crede, non è quindi il costo per il personale o il numero dei dipendenti elevato.
Italia vanta record europeo di anzianità nella PA
L’età media, come detto, è di 52 anni, ma in alcune amministrazioni è più bassa, in altre più alta. Stando alle statistiche, fra le forze dell’ordine si registra un’età media di 41 anni in virtù del fatto che il turnover è favorito da un pensionamento che parte da 60 anni rispetto agli altri settori del pubblico impiego. Nella scuola, gli insegnati si avvicinano ai 52 anni, mentre per i professori universitari e i medici siamo a 54. In Francia, giusto per fare un raffronto, gli over 50 nella scuola sono il 30% dell’organico, mentre in Italia siamo al 58%. E ancora, mentre in Francia il 45% dei maestri ha un’età media inferiore ai 35 anni, in Italia la stessa percentuale passa i 55. Gli altri dipendenti delle amministrazioni statali e degli enti locali vantano, invece, una media di 52 anni. Sicché gli anziani rappresentano la gran parte dei lavoratori della PA che consente a scuole, uffici e ospedali di funzionare ogni giorno. Ma come?
Qualità dei servizi in calo
Come accennato, l’età anagrafica avanzata del personale si riflette sulla qualità dei servizi. Una tendenza che rivela la debolezza strutturale della macchina pubblica italiana, e che andrebbe invertita completamente. Gli ultimi dati confermano questo andamento, in particolare per quanto riguarda la scuola. Infatti, il nostro è l’unico Paese europeo dove in tutti i cicli scolastici l’età media degli insegnanti supera il mezzo secolo. Ma non solo nella scuola. Durante il lockdown per emergenza sanitaria, l’Inps ha dato purtroppo prova di inefficienza a livello di gestione per le richieste di ammortizzatori sociali al punto che il presidente Pasquale Tridico è stato chiamato a rendere conto al governo.
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