L’ondata di vendite che il lunedì 11 gennaio ha travolto i titoli MPS e Banca Carige ha confermato l’allarme, suonato tra i risparmiatori e i piccoli investitori italiani sin dalla fine del novembre scorso, quando il decreto “salva-banche” del governo Renzi ha evidenziato i rischi connessi all’acquisto dei bond bancari e persino dalla detenzione di grossi conti correnti e deposito, dato che a partire da quest’anno, con l’entrata in vigore del cosiddetto “bail-in”, anche questi ultimi potranno essere coinvolti nelle perdite per le somme superiori ai 100.000 euro. L’unica arma che il risparmiatore e l’investitore ha per tutelarsi dal rischio di vedersi intaccati i propri conti o titoli è l’analisi dei conti degli istituti su cui vorrebbe puntare.
Vediamo come siano messi per i 3 principali gruppi bancari con sede in Italia. Parliamo di Intesa-Sanpaolo, Unicredit e Monte dei Paschi di Siena (MPS). Il parametro fondamentale per capire la solidità patrimoniale di una banca è il Common equity tier 1 ratio, in sigla Cet1, che la BCE pretende che sia non inferiore all’8% nei casi ordinari e al 5% per i casi di stress. Il Cet1 segnala il rapporto tra il patrimonio netto (capitale + riserve) e le attività ponderate per il rischio. Una percentuale minima dell’8% corrisponde ad esigere che una banca non presti denaro alla clientela per un importo superiore a 12,5 volte il proprio capitale, tenuto conto dei rischi.