Unicredit e Intesa solide, MPS no
Infine, Intesa-Sanpaolo. L’istituto detiene crediti deteriorati per 64,4 miliardi, di cui quasi la metà già coperti, per cui quelli netti sono pari a 34,1 miliardi, circa il 9% degli impieghi. Le sofferenze lorde ammontano a 55 miliardi, ma quelle nette sono di appena 20,5 miliardi, meno della metà del valore del suo patrimonio netto e della sua capitalizzazione in borsa, che oggi si aggira sui 47,6 miliardi. Certo, nel caso di MPS potremmo eccepire che l’alta svalutazione dei crediti abbia inciso negativamente sui conti degli anni passati e che ciò abbia influito anche sul suo valore in borsa.
Se ciò è verosimile, resta il fatto che le grandezze in discussione appaiono abbastanza squilibrate, considerando da un lato i crediti e le sofferenze netti e dall’altro il patrimonio netto e la capitalizzazione in borsa. In pratica, Rocca Salimbeni avrebbe rischi enormemente più elevati delle risorse con le quali potrebbe sostenerli. Viceversa, Unicredit e, in particolare, Intesa-Sanpaolo godrebbero di capitali superiori al massimo delle perdite, che potrebbero accusare. E chiediamoci, infine, come siano messe nel loro insieme
queste prime 3 banche, rispetto alla media nazionale. Ebbene, su 200 miliardi di sofferenze, esse ne detengono quasi la metà, ma si consideri che rappresentano il 60% degli impieghi nazionali. Anche il tasso di copertura di questi crediti molto rischiosi risulta superiore alla media nazionale, che è del 45%.