Banche centrali piglia-tutto, la denuncia di Faber
La critica di Faber potrebbe apparire persino esagerata, frutto di un’avversione ideologica alle politiche di forte accomodamento monetario dei principali istituti del pianeta, ma non è senza un fondamento. Appena poco più un anno fa sembrava molto improbabile che la BCE avrebbe acquistato in misura massiccia i titoli di stato dell’Eurozona, oltre agli Abs e ai “covered bond”, mentre meno di una settimana fa a sorpresa annunciava l’inserimento del programma anche dei bond corporate, ovvero dei titoli del debito emessi dalle società private.
Nelle settimane scorse, in piena tempesta contro il comparto bancario, si era arrivata a diffondere la voce (smentita dal governatore Mario Draghi), secondo la quale la BCE avrebbe allo studio persino l’
acquisto di titoli bancari. La crisi sembra rientrata, almeno temporaneamente, ma potrebbe riaffacciarsi in ogni istante, spingendo Francoforte possibilmente a ipotizzare davvero un suo intervento diretto sul mercato azionario, partendo dalle banche. Che Faber sia un semplice detrattore dei governi e delle banche centrali, oppure che abbia capacità profetiche (speriamo di no), la realtà è che mai nella storia si era assistito a un ruolo così preponderante dei governatori nell’economia. Dalle loro parole dipende l’orientamento dei mercati finanziari globali, dalle loro misure si spostano ingenti flussi di ricchezza da un comparto all’altro, da un parte all’altra del pianeta, ma ciò che maggiormente fa impressione è l’eccessiva dipendenza ormai sotto gli occhi di tutti della finanza dall’operato delle banche centrali.
Eccessiva dipendenza dell’economia da banche centrali
Senza di loro, la crisi del debito sovrano nell’Eurozona non sarebbe forse stata tamponata, né gli USA avrebbero potuto tenere bassi i costi di rifinanziamento dei Treasuries. A loro ci si affida per contrastare l’inflazione con richieste sempre più elevate di interventi sui mercati.
Oggi, il bilancio della Federal Reserve è 5 volte superiore a quello di fine 2008, prima che scoppiasse la crisi finanziaria. L’istituto ha in pancia circa 3.500 miliardi tra titoli di stato USA e bond privati coperti dalla garanzia immobiliare. Nel frattempo, la BCE ha acquistato quasi 800 miliardi di euro in titoli vari e quando avrà completato il suo programma, la cui scadenza è attesa tra un anno, deterrà oltre il 10% dell’intero debito pubblico dei governi dell’Eurozona, vantando così un potere contrattuale enorme nei confronti di questi ultimi. Che ci siamo spinti più in là dell’immaginabile lo dimostra anche l’ultimo board della BCE, quando ad una domanda sull’
“helicopter money”, anziché rispondere con una grassa risata, come avrebbe fatto fino a qualche mese fa, il governatore Mario Draghi ha tentato, addirittura, di costruirci un ragionamento. Per inciso, i “soldi sparati dall’elicottero” è una metafora di Miltond Friedman, economista e padre del monetarismo, che decenni fa la utilizzò ironicamente per spiegare che, anziché fare politiche monetarie attive e distorsive del mercato, sarebbe stato più neutrale ed efficace sparare il denaro da un elicottero, in modo da rendere la moneta disponibile a tutti.