Possibilità di trasformare in credito d’imposta le attività per imposte anticipate (anche se non iscritte in bilancio) riferite alle perdite fiscali non ancora computate in diminuzione del reddito imponibile ai sensi dell’articolo 84 del TUR, alla data della cessione. Stessa cosa dicasi con riferimento all’importo del rendimento nozionale eccedente il reddito complessivo netto, non ancora dedotto né fruito tramite credito d’imposta alla data della cessione. E’ quanto prevede il comma 55 del decreto Cura Italia (Decreto-legge n. 18 del 2020) nel caso in cui una società ceda a titolo oneroso, entro il 31 dicembre 2020, crediti pecuniari vantati nei confronti di debitori inadempienti.
Ai fini della trasformazione in credito d’imposta, i citati componenti potranno essere considerati per un ammontare massimo non eccedente il 20% del valore nominale dei crediti ceduti. Questi ultimi possono essere considerati per un valore nominale massimo pari a 2 miliardi di euro, determinato tenendo conto di tutte le cessioni effettuate entro il 31 dicembre 2020 dalle società tra loro legate da rapporti di controllo ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile e dalle società controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto. La trasformazione in credito d’imposta avviene alla data di efficacia della cessione dei crediti. A partire da tale data, per il cedente non saranno computabili in diminuzione dei redditi imponibili le perdite di cui all’articolo 84 del TUR, relative alle attività per imposte anticipate complessivamente trasformabili in credito d’imposta in commento e non saranno deducibili né fruibili tramite credito d’imposta le eccedenze del rendimento nozionale rispetto al reddito complessivo.
Il beneficio troverà applicazione solo dietro specifica opzione da parte della società cedente entro la chiusura dell’esercizio in corso alla data in cui ha effetto la cessione dei crediti medesima e la scelta avrà efficacia a partire dall’esercizio successivo a quello in cui ha effetto la cessione.
indirettamente, dallo stesso soggetto.
Altre misure di sostegno finanziario
Con l’intento di sostenere le attività imprenditoriali (in dettaglio le microimprese e le piccole e medie imprese come definite dalla Raccomandazione della Commissione europea n. 2003/361/CE del 6 maggio 2003, aventi sede in Italia) danneggiate dall’epidemia è altresì previsto che queste possono avvalersi dietro comunicazione (corredata della dichiarazione con la quale l’Impresa stessa autocertifica ai sensi dell’art. 47 DPR 445/2000 di aver subito in via temporanea carenze di liquidità quale conseguenza diretta della diffusione del COVID-19), in relazione alle esposizioni debitorie nei confronti di banche, di intermediari finanziari e degli altri soggetti abilitati alla concessione di credito in Italia, queste possono godere delle seguenti misure:
- per le aperture di credito a revoca e per i prestiti accordati a fronte di anticipi su crediti esistenti alla data del 29 febbraio 2020 o, se superiori, a quella di pubblicazione del presente decreto, gli importi accordati, sia per la parte utilizzata sia per quella non ancora utilizzata, non possono essere revocati in tutto o in parte fino al 30 settembre 2020;
- per i prestiti non rateali con scadenza contrattuale prima del 30 settembre 2020 i contratti sono prorogati, unitamente ai rispettivi elementi accessori e senza alcuna formalità, fino al 30 settembre 2020 alle medesime condizioni;
- per i mutui e gli altri finanziamenti a rimborso rateale, anche perfezionati tramite il rilascio di cambiali agrarie, il pagamento delle rate o dei canoni di leasing in scadenza prima del 30 settembre 2020 è sospeso sino al 30 settembre 2020 e il piano di rimborso delle rate o dei canoni oggetto di sospensione è dilazionato, unitamente agli elementi accessori e senza alcuna formalità, secondo modalità che assicurino l’assenza di nuovi o maggiori oneri per entrambe le parti; è facoltà delle imprese richiedere di sospendere soltanto i rimborsi in conto capitale.
E’, in ogni caso specificato che possono beneficiare delle elencate misure quelle imprese le cui esposizioni debitorie non siano, alla data del 17 marzo 2020 (data di pubblicazione del decreto Cura Italia), classificate come esposizioni creditizie deteriorate ai sensi della disciplina applicabile agli intermediari creditizi.