La Danimarca è una delle economie più ricche al mondo, con un pil pro-capite superiore ai 57.000 dollari, notevolmente sopra i poco più di 33.000 dell’Italia. In pochi sanno, però, che costituisce un potenziale mercato di sbocco assai interessante per gli investitori stranieri e, in particolare, con riferimento alle sue obbligazioni garantite dai mutui ipotecari. Trattasi di un mercato da 400 miliardi di euro, circa il 135% del pil dello stato scandinavo. Si mostra necessaria una previa spiegazione. Copenaghen consente solo a pochissime banche di erogare prestiti per l’acquisto di un immobile, condizionatamente all’emissione di “covered bond”, ossia di titoli del debito coperti dalla garanzia dei mutui residenziali.
Questo mercato ha una storia antica, perché nasce in Danimarca nel lontano 1787. Insomma, ha alle spalle ben 232 anni di storia e la notizia super-positiva è che in tutto questo tempo, mai ha registrato un solo caso di default. Dunque, qui parliamo di una realtà più unica che rara. In effetti, tutte le banche emittenti godono della tripla “A” come rating e, pertanto, sono considerate debitori molto solidi sul piano finanziario.
Ora, una peculiarità anch’essa positiva del mercato dei mutui danesi è che un prestito a 30 anni per acquistare casa continua ad essere erogato in questi mesi solo all’1,5%, praticamente meno di mezzo punto percentuale in più di quanto rende un titolo di stato di Copenaghen di pari durata. Per le scadenze più brevi, come i decennali, in verità vigono tassi negativi, nel senso che non solo le banche non impongono alcun interesse al mutuatario, ma lo pagano per concedergli il mutuo. Concretamente, succede di rado, perché a fronte dei tassi negativi, bisogna mettere in conto tutte le altre spese legate all’erogazione del mutuo, tra cui quella amministrative, di valutazione dell’immobile e assicurative, che nei fatti rendono minimamente oneroso il prestito.
Tassi negativi, risparmiatori italiani fregati più di tutti
I tassi negativi e l’impatto sui mutui danesi
Da allora, sono stati di poco rialzati al -0,65% attuale e restano di gran lunga più bassi di quelli azzerati della stessa BCE. Il governatore Lars Rohde si vide costretto ad adottare misure non convenzionali, così da salvaguardare il “peg” con l’euro, che 4 anni fa rischiò la destabilizzazione, in conseguenza dell’ingresso copioso di capitali dal resto del mondo, Eurozona in testa. Ufficialmente, il tasso di cambio tra l’euro e la corona danese può oscillare del 2,25% attorno al valore di 7,46038, ma nei fatti la banca centrale danese non consente fluttuazioni che vadano oltre pochi decimali di punto percentuale. Grazie a questa stabilità a dir poco granitica e che ha ricevuto negli anni scorso il plauso del Fondo Monetario Internazionale, il rischio di cambio di fatto per noi dell’Eurozona risulta pressoché nullo e ciò rende allettante l’investimento in Danimarca.
Corona danese, altro “peg” pronto a saltare
Secondo il monitoraggio di Bloomberg, ben il 32% del mercato delle obbligazioni garantite dai mutui danesi si trova in mano agli investitori stranieri, i quali sostanzialmente deterrebbero covered bond per un controvalore di quasi 130 miliardi di euro. Le autorità finanziarie locali non sono contentissime di questo dato, perché temono che i capitali stranieri, che pure alimentano il grado di elevata liquidità di questo prezioso mercato, d’altro canto lo esporrebbero a una volatilità potenzialmente elevata, nel caso in cui dovessero defluire per effetto, ad esempio, del futuro rialzo dei tassi BCE.
Viene da chiedersi, aldilà di queste considerazioni di carattere più macro, se l’investimento in queste obbligazioni debba attirare il nostro interesse. Partiamo da un dato: i prezzi delle case in Danimarca sono saliti mediamente di un terzo negli ultimi 10 anni e i tassi negativi starebbero stimolandoli, proprio perché rendono fin troppo convenienti i mutui. Il surriscaldamento delle quotazioni immobiliari rende felici i proprietari, molto meno chi deve ancora comprare casa, perché di anno in anno lo fa a costi crescenti. In teoria, questo costituisce un rischio di credito. Più alti i prezzi dell’immobile da acquistare con il mutuo, maggiori le probabilità che il mutuatario non riesca a fronteggiare il pagamento delle rate.
Rendimenti interessanti e rischi bassi
Tuttavia, nonostante i timori degli anni scorsi, legati principalmente ai mutui “only interest”, i costi praticamente azzerati dei mutui di nuova erogazione starebbero attutendo il colpo. Inoltre, le banche danesi sono solite finanziare secondo rapporti “loan-to-value” non superiori all’80%, per cui si riservano in partenza un buon margine per tutelarsi dai rischi. E si tenga conto, poi, che proprio l’aumento dei prezzi, se da un lato crea qualche problema ai nuovi acquirenti, dall’altro accresce la garanzia esibita dall’asset sottostante il “covered bond”. Infine, come abbiamo sopra accennato, il mercato è molto liquido e chi volesse vendere o acquistare può farlo velocemente.
Prendiamo il titolo di Realkredit Danmark, emesso a inizio 2012 e con scadenza 2044 (ISIN: DK0009288441), cedola 3,50%. Attualmente prezza 110,75, per cui il rendimento lordo si aggira sul 2,90%. Chi lo avesse acquistato 7 anni fa, oggi avrebbe realizzato una plusvalenza, nel caso di disinvestimento, di oltre il 13%, avendo nel frattempo anche incassato cedole per un valore complessivo del 25% rispetto all’investimento. In sostanza, un buon 38% in 7 anni, cioè il 4,7% medio all’anno. Buttiamoli via, specie in una fase di rendimenti anemici come questi ultimi anni. E il bond della stessa banca, ma con scadenza 2029 (ISIN: DK0009289761), cedola 2%, emesso sempre nel gennaio 2012, oggi rende poco meno dell’1,5%.
Infine, il bond emesso nel 2007 e con scadenza 2026 (ISIN: DK0009279374), cedola 4%, rende attualmente meno del 2,90%. Negli ultimi 10 anni, avrebbe fruttato in tutto circa il 56% della somma investita, il 4,5% lordo all’anno. E, ripetiamo, l’aspetto interessante di questo mercato è la forte solidità, cioè la relativa sicurezza che offre, a fronte di rendimenti allettanti e con rischio di cambio trascurabile, per non dire quasi nullo. Certo, con il rialzo atteso dei tassi danesi nel prossimo futuro, il mercato obbligazionario dovrebbe accusare il colpo, seguendo le sorti dei bond sovrani, nonché accrescere i rischi proprio del comparto immobiliare. Tuttavia, questo sarebbe un trend europeo, riguardando anche Eurozona, Svizzera e resto della Scandinavia. Quello delle obbligazioni ipotecarie garantite danesi, insomma, resta un mercato a cui guardare per il medio-lungo termine e che diversificherebbe, apparentemente in maniera intelligente, il portafoglio.
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