Tre donne, tre protagoniste della politica continentale e tre personalità forti con cui si dovranno fare i conti dopo le elezioni europee di giugno. Marine Le Pen è data per vincente e nettamente sopra i consensi raccolti in Francia dal partito del presidente Emmanuel Macron. Giorgia Meloni è la prima donna a guidare un governo italiano e a capo di Fratelli d’Italia, prima forza politica nel Bel Paese e che dovrebbe confermare tale posizione. Infine, Ursula von der Leyen è da cinque anni a capo della Commissione europea e corre per il bis.
Elezioni europee, chi sale e chi scende
I destini delle tre si stanno già incrociando, quando mancano pochi giorni alle elezioni europee, le prime dopo la pandemia e l’inizio della guerra tra Russia e Ucraina. Non è un mistero che da mesi von der Leyen corteggi la premier italiana. Meloni è anche a capo di ECR, la formazione conservatrice europea, che registrerebbe un balzo di seggi, portandosi a 80 e divenendo potenzialmente decisiva per consentirle il secondo mandato. Le Pen è parte di Identità e Democrazia, il gruppo che per i sondaggi guadagnerebbe più seggi a questa tornata. Ma dopo l’espulsione di AfD, l’ultra-destra euroscettica, dovrebbe guadagnare solo 5 seggi, salendo a 64.
Le Pen ha rotto con i tedeschi dopo dichiarazioni un po’ “stravaganti” di qualche suo uomo, che puntavano a non criminalizzare ex ante gli appartenenti alle SS. Una mossa seguita anche dalla Lega di Matteo Salvini e che per molti analisti è stata solo una scusa per liberarsi di un alleato ingombrante, al fine di aspirare a co-governare per i prossimi cinque anni a Bruxelles con altre forze. La francese è arrivata a chiedere a Meloni di fondere i due rispettivi gruppi, così da presentarsi come secondo per numeri dietro solo al PPE.
Europarlamento più a destra
Sempre per i sondaggi i socialisti dovrebbero scendere da 140 a 135 seggi, mentre i Verdi crollerebbero da 72 a 54 seggi. Al contrario, la Sinistra passerebbe da 37 a 43 seggi. Crollo notevole per i liberali di Renew, capeggiati da Macron: da 102 a 82 seggi. In definitiva, le forze di centro-sinistra e centriste perderebbero nel complesso 37 seggi, mentre le forze di centro-destra e destra ne guadagnerebbero 19. E attenzione: ci sarebbero anche i “non iscritti”, che balzerebbero da 50 a 79 seggi. Tra questi troviamo i 17 seggi attesi per l’AfD e i 10 per Fidesz, il partito del premier ungherese Viktor Orban. Lo spostamento a destra alle elezioni europee sarebbe nitido.
Appoggio di Meloni a von der Leyen come prima ipotesi
Qual è la strategia che avrebbe in mente Meloni? Fare da tramite tra von der Leyen e la destra nell’Europarlamento per ottenere due cose: uno spostamento dell’asse di governo a Bruxelles a sfavore della sinistra e un commissario (e un ruolo) di peso per l’Italia. In questo anno e mezzo abbondante di governo, la premier ha compreso quanto sia importante far parte della stanza dei bottoni. L’ottimo rapporto instaurato con la presidente tedesca le ha agevolato in molti i casi il lavoro a Roma. Sui migranti, ad esempio, la mano tesa della Commissione c’è stata. Sui conti pubblici stessi, malgrado l’apertura certa della procedura d’infrazione, le attenzioni non sono state né specifiche, né pesanti.
Le Pen vuole contare come Meloni. Ha capito che riuscire a rientrare nei giochi a Bruxelles sarebbe il modo per conquistare finalmente l’Eliseo.
Meloni cerca massimo risultato da elezioni europee
I due saranno personalmente i principali sconfitti delle elezioni europee nei rispettivi paesi. Tuttavia, restano a capo delle due principali economie senza le quali a Bruxelles non si muove foglio. Il piano di Meloni dovrà o trovare una qualche convergenza con il francese, in particolare, o puntare a una molto meno probabile riuscita in solitaria. C’è di fatto che la premier è al centro dei giochi. Lo sa e cercherà di massimizzare il risultato. Se l’ipotesi Ursula verrà meno, c’è la carta Mario Draghi da giocare. L’ha lanciata per primo Macron, ma sarebbe eventualmente un comodo ripiego anche per Roma. C’è anche l’ipotesi più probabile che sia Antonio Tajani il successore della tedesca. Un modo per far restare nelle mani del PPE la principale carica comunitaria e offrire una posizione di rilievo all’Italia, che attualmente ne è sprovvista.