Le pensioni in Italia non sono sostenibili a lungo: il ritorno alla Fornero è inevitabile

In fatto di pensioni l’Italia è al pari di Messico e Perù. Altro che modello welfare da imitare: c’è il rischio di non riuscire più a pagare le pensioni in futuro. Inevitabile il ritorno alla Fornero.
2 anni fa
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Il sistema pensioni italiano è buono, ma non sostenibile nel tempo. A confermarlo è il Mercer Cfa Institute Pensioni Index 2022 che analizza ogni anno il sistema pensionistico di decine di Paesi a livello mondiale.

In sintesi, l’analisi del Mercer, evidenzia come il nostro sistema pensionistico sia buono e trasparente, ma poco sostenibile nel tempo. In questo contesto, l’Italia si colloca al 32 esimo posto su 44 Paesi presi in esame. Quindi non proprio bene.

Sistema pensioni non sostenibile nel tempo

Che il sistema pensionistico italiano non fosse sostenibile nel tempo è ormai noto a tutti.

Le continue deroghe alla riforma Fornero del 2012 hanno infatti evitato che si uscisse dal lavoro in tarda età, ma al contempo hanno appesantito la spesa pensionistica.

Al punto che l’età media di pensionamento in Italia, grazie alle Quote e a tutte le altre eccezioni ai requisiti ordinari, è risultata di 62 anni. Contro una media europea di 64 anni. Numeri che sorprendono chi si lamenta che in Italia si va in pensione troppo tardi.

Allo stesso tempo, le pensioni anticipate se non sostenute da adeguate politiche occupazionali, sono più un danno che un beneficio per il sistema economico. Che diventa sempre meno sostenibile nel tempo in assenza di crescita occupazionale. Come ha confermato il presidente dell’Inps Pasquale Tridico:

il sistema pensionistico in un Paese con 60 milioni di abitanti non si può reggere, nel lungo periodo, con sole 23 milioni di persone che lavorano.

La valutazione del Mercer sulle pensioni

Ma in che modo è stato valutato il sistema pensionistico italiano? In base al Mercer Cfa Institute Pensioni Index 2022 sono tre i criteri attraverso cui vengono giudicati i sistemi pensionistici:

  • l’adeguatezza, cioè la non eccessiva discrepanza tra l’assegno e il reddito percepito a fine carriera;
  • la sostenibilità, vale a dire la capacità del sistema di reggere i costi generali;
  • l’integrità, cioè la qualità della governance e la trasparenza del sistema.

Il primo e il terzo punto hanno ottenuto buone valutazioni.

Ma a segnalare un campanello d’allarme, peraltro già scattato lo scorso anno, è il secondo punto, cioè la sostenibilità del sistema pensionistico. Aspetto che colloca l’Italia al penultimo posto della graduatoria. Nel complesso, si legge nel report

il sistema pensionistico italiano presenta alcune caratteristiche positive, ma ha anche grandi rischi e/o difetti che dovrebbero essere risolti. Senza questi miglioramenti, la sua efficacia e/o sostenibilità a lungo termine potrebbe essere messa in discussione”.

Paesi nordici più virtuosi

Se si allarga lo sguardo agli altri Paesi presi in esame, salta fuori che il giudizio migliore è assegnato a Islanda (punteggio 84,7), Olanda (84,6) e Danimarca (82). Secondo il Mercer Cfa Institute Pensioni Index, questi Stati hanno “un sistema pensionistico di prima classe, che offre ottimi benefici, è sostenibile e presenta un alto livello di integrità”.

Fra i peggiori sistemi pensionistici mondiali analizzati troviamo invece Indonesia, Argentina, Turchia, Filippine, India e Tailandia. Questi Paesi infatti presentano alcune caratteristiche positive, ma anche grandi debolezze e mancanze che vanno risolte.

Fra i big europei, i risultati migliori sono ottenuti da Regno Unito (73,7), Germania (67,9) e Francia (63,2). La Spagna è più indietro, ma comunque ci batte collocandosi in 22 esima posizione a livello generale con un punteggio complessivo di 61,8 (l’Italia è a 55,7).

Il giudizio finale sul sistema pensionistico mette quindi l’Italia nella stessa categoria di Arabia Saudita, Austria, Polonia, Sud Africa, Messico, Cina, Brasile, Giappone, Perù, Taiwan e Corea del Sud. In generale il Paese si classifica alla posizione 32 su 44 sistemi presi in esame

Ritorno alla Fornero inevitabile

In questo contesto è inevitabile il ritorno integrale alla Fornero dal 2023. Come anche già confermato da diversi studi e e dalla Nadef 2022 che vedono l’Italia spendere quasi il 16% del Pil per le pensioni.

Soldi spesi spesso male, perché a fronte di molti pensionamenti anticipati finora concessi, non sono state fatte nuove assunzioni.

Come nel caso di Quota 100. Secondo le risultanze Inps, le pensioni liquidate con i requisiti previsti fino al 2021 (62 anni di età e 38 di contributi) sono state meno di 380 mila. Numeri che potrebbero salire fino a 450 mila se nel frattempo anche altri aventi diritto presenteranno domanda di pensione.

In ogni caso, siamo molto lontani dalle previsioni del primo governo giallo – verde targato Giuseppe Conte. Ancora si attende quel milione di posti di lavoro tanto strombazzato dal leader della Lega Matteo Salvini.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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