Il bonus di tre mila euro permette, in realtà, di ottenere pochi spicci? Come canta Vegas Jones con il testo Due spicci: “Con due spicci ho ambito al sole, da due spicci ho vinto trofei. So che sono un sognatore, li ho previsti e in quante forme. Scusa se mi perdo, ma le rotte sono tali. Prima stavo in debito, sono andato alla pari”.
Non tutti, complice il recente aumento dei prezzi a fronte di retribuzioni non spesso consone, dispongono del denaro necessario ad acquistare i vari prodotti e servizi volti a soddisfare le diverse esigenze personali.
Lo sanno bene i tanti genitori che si ritrovano a contare fino all’ultimo centesimo, pur di garantire il meglio possibile ai propri figli. In tale ambito giunge in aiuto anche il governo che mette a disposizione diverse misure a sostegno dei nuclei famigliari economicamente più in difficoltà. Tra queste si annovera il bonus per le mamme lavoratrici. Ecco in cosa consiste e quanto permette di ottenere.
Mamme lavoratrici che hanno diritto all’esonero dal versamento dei contributi previdenziali
Attraverso l’ultima legge di Bilancio l’esecutivo ha introdotto il cosiddetto bonus mamme. Come spiegato dall’Inps attraverso la circolare numero 27 datata 31 gennaio 2024:
“alle lavoratrici madri di tre o più figli con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, ad esclusione dei rapporti di lavoro domestico, è riconosciuto un esonero del 100 per cento della quota dei contributi previdenziali per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti a carico del lavoratore fino al mese di compimento del diciottesimo anno di età del figlio più piccolo, nel limite massimo annuo di 3.000 euro riparametrato su base mensile. […] In via sperimentale, per i periodi di paga dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2024, anche alle lavoratrici madri di due figli, con rapporto di lavoro dipendente a tempo indeterminato, a esclusione dei rapporti di lavoro domestico, fino al mese del compimento del decimo anno di età del figlio più piccolo”.
Le simulazioni che trasformano il bonus di tre mila euro in pochi spicci
Una misura importante che non viene riconosciuta a tutte le mamme.
Ovvero corrisponde solamente a circa 1.700 euro netti. Ne consegue che una donna lavoratrice ha diritto a mediamente a 142 euro al mese. Per vedersi corrispondere l’importo massimo del beneficio, inoltre, è fondamentale che la retribuzione annua lorda risulti superiore a quota 27.500 euro. Come evidenziato dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, complessivamente le mamme lavoratrici potranno beneficiare:
“di una riduzione di contributi di circa 1,5 miliardi, per poco più della metà (790 milioni) dovuti alla decontribuzione generalizzata ex art. 5 e per la restante parte alla misura specifica, confermando sostanzialmente la stima indicata nella Relazione tecnica. Mentre la decontribuzione ex art. 5 si rivolge, per costruzione, interamente a lavoratori con retribuzioni inferiori a 35.000 euro, l’intervento specifico per le madri è per circa il 57 per cento a vantaggio delle lavoratrici con meno di 35.000 euro e per il restante 43 per cento è invece destinato a lavoratrici con retribuzioni superiori”.
Un aiuto indubbiamente importante che non è tuttavia in grado di garantire ai soggetti interessati la stabilità economica tanto desiderata.