Quella lettera di Draghi che fece cadere il governo Berlusconi, mentre oggi il debito non fa paura

L'estate del 2011 sarà ricordata come la stagione dello spread. E da Francoforte fu assestato un duro colpo all'Italia.
3 anni fa
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La lettera BCE di Draghi del 2011

Era l’estate del 2011 e il clima era caldo torrido sui mercati finanziari. Il 5 agosto, la BCE inviò al governo Berlusconi una lettera con la quale gli chiedeva la realizzazione di diverse decine di riforme per potenziare il tasso di crescita dell’economia italiana e abbattere il debito pubblico in rapporto al PIL. Avrebbe dovuto rimanere segreta, mentre fu resa pubblica dai media a settembre. E provocò un terremoto politico di magnitudo 10 della scala Richter.

Quella lettera BCE era a firma del governatore uscente Jean-Claude Trichet e del suo successore Mario Draghi.

I mercati ne trassero la conclusione che l’Italia fosse ormai sotto stretta sorveglianza. La crisi dello spread era già iniziata nella tarda primavera. Degenerò dopo la pubblicazione della missiva, culminando nel mese di novembre, quando il Parlamento bocciò il bilancio consuntivo presentato dal governo Berlusconi.

Quel che accadde è storia. Silvio Berlusconi sale al Quirinale per dimettersi e il presidente Giorgio Napolitano affida il mandato di formare il nuovo governo al Prof Mario Monti. Segue una legge di Stabilità “lacrime e sangue”, contenente la legge Fornero sulle pensioni. Il deficit scenderà appena sotto il 3% del PIL, ma l’economia italiana rimarrà in profonda recessione per tre anni e il rapporto debito/PIL, anziché scendere, passa dal 119% al 135% prima del Covid.

Lettera BCE e differenze con oggi

La lettera BCE non provocò da sola la caduta del governo Berlusconi. Esso era sull’orlo del precipizio e semmai gli diede la spinta finale. Ma allora perché nell’anno 2021 nessuna istituzione internazionale si affanna più a chiedere all’Italia passi immediati per abbattere un debito pubblico al 160% del PIL? Per prima cosa, perché in questi dieci anni tutti hanno capito in Europa che le riforme non si fanno dalla mattina alla sera e che non esitano immediatamente i risultati pretesi.

Nel 2011, Francoforte credeva che l’Italia avrebbe potuto e dovuto varare una cinquantina di riforme tutte assieme e in poco tempo.

Tra queste, del mercato del lavoro, delle pensioni, della Pubblica Amministrazione, della Giustizia, etc. Pura utopia. Secondariamente, la stessa BCE non aiutò l’Italia. Trichet aveva appena alzato i tassi d’interesse per la prima volta dalla crisi del 2008-’09. La sua politica monetaria non aveva sostenuto l’allentamento fiscale ancora in corso nell’Eurozona. Oggi, anche sulla scorta di quegli errori la BCE tiene i tassi azzerati e compra bond per minimizzarne i rendimenti.

La differenza tra il 2011 e il 2021 sta tutta qui. Un debito a meno del 120% del PIL ci costava allora un’ottantina di miliardi di interessi, oggi al 160% sui 65 miliardi. Alle spalle c’erano stati i salvataggi di Grecia, Irlanda e Portogallo con le tensioni che ne erano seguite sui mercati. Oggi, sappiamo che l’Eurozona non farebbe mai fallire un suo stato membro, né tornare alla moneta nazionale. Un quadro completamente diverso, insomma, perlopiù grazie all’operato di Draghi come governatore. E anche la comunicazione della BCE, pur a tratti incerta, è di molto migliorata.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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