La deflazione in atto nell’Eurozona e certificata già per il mese di dicembre, quando i prezzi sono diminuiti mediamente dello 0,2% su base annua nell’unione monetaria, sta spingendo gli investitori a credere che al board del 22 gennaio, la BCE annuncerà il QE, ossia il piano di acquisti dei titoli di stato, in modo da iniettare liquidità in circolo e abbassare ulteriormente il tasso di cambio. Abbiamo già avvertito più volte che appare improbabile che il “quantitative easing” possa essere annunciato già tra due settimane, perché bisognerebbe prima attendere l’esito delle elezioni in Grecia del 25 di questo mese e i risultati degli altri stimoli monetari già messi in atto nelle scorse settimane.
Attesa per QE
In ogni caso, dopo il dato sull’inflazione a dicembre, il clima sembra volgere decisamente a favore del governatore Mario Draghi, il quale certamente fronteggerà la dura opposizione della Bundesbank e delle altre banche centrali del Centro-Nord Europa, contrarie a nuovi stimoli e, in particolare, al fatto che l’istituto possa assumersi rischi eccessivi con l’acquisto dei bond di paesi instabili politicamente e deboli finanziariamente. APPROFONDISCI – Il QE di Draghi manda l’euro sotto 1,20. L’Eurozona forse già in deflazione a dicembre Ma gli investitori credono e sperano in Draghi e lo dimostra il deprezzamento dell’euro, sceso da quasi 1,40 contro il dollaro dello scorso 8 maggio 2014 a un cambio di 1,1792 di questa mattina, il 15,7% in meno in appena 8 mesi esatti. Da qui, la considerazione che se il QE fosse rinviato nel tempo o, addirittura, mai attuato, la delusione porterebbe il mercato ad apprezzare repentinamente l’euro, facendo precipitare l’Eurozona in una deflazione più marcata e lunga, nonché facendo crescere i rendimenti dei bond governativi.
Quale cambio?
La domanda che si pongono gli analisti e i governi europei è fino a quale punto si porterà il cambio euro-dollaro. Secondo Credit Suisse, esso si attesterà a 1,15 entro la fine del 2015, mentre Bloomberg prevede 1,15 entro la fine dell’anno prossimo. Tuttavia, l’olandese ING Groep NV ha aspettative molto più forti, ma non per questo meno meritevoli di considerazioni: il cambio tra euro e dollaro si abbasserà fino alla parità, entro due anni, un livello mai visto dal 2002. Dunque, un euro arriverà a valere un dollaro. Potrebbe sembrare una stima azzardata, ma parliamo dell’istituto che ha azzeccato più di ogni altro il cambio tra le due valute per la fine dell’anno appena trascorso. Mentre all’inizio del 2014 Bloomberg aveva stimato un cambio di 1,28 per la fine dello stesso anno, ING previde 1,20 e, infatti, il rapporto si è attestato alla fine del 2014 a 1,2098, esattamente come nelle previsioni degli olandesi. A pensarla come ING ci sono solo ABN Amro e Citigroup, mentre stando ai prezzi delle opzioni, esisterebbe solo il 18% di probabilità che il cambio euro-dollaro si porti alla parità. Il fatto di averci azzeccato lo scorso anno non implica di certo che ING avrà visto benissimo anche stavolta, ma potrebbe essere un indizio che tra gli analisti ci si attende un ulteriore indebolimento abbastanza marcato della moneta unica, che perderebbe così oltre il 28% rispetto ai livelli toccati 8 mesi fa.