L’euro è un grande successo – non scherzo

Su Opendemocracy Greg Palast, giornalista e documentarista USA, ripercorre le idee di Mundell, il progenitore dell'euro, per sostenere che il preteso "malfunzionamento" della moneta unica in realtà fu accuratamente progettato per portare alla svalutazione interna del lavoro - che senza lo shock dell'euro sarebbe stata politicamente impossibile.
12 anni fa
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di Greg Palast – L’euro è stato la massima espressione della supply side economics (l’economia dell’offerta, ndt), progettato per funzionare durante una crisi economica esattamente come ha fatto – smontare i tradizionali strumenti economici per la ripresa e forzare gli stati alla “svalutazione interna”, alle privatizzazioni e agli attacchi ai diritti del lavoro. Ha funzionato perfettamente.

L’idea che l’euro ha “fallito” è pericolosamente ingenua. L’euro sta facendo esattamente quello che il suo progenitore – e quell’1% di ricchi che lo ha approvato – avevano previsto e programmato che facesse.

Questo progenitore è l’economista Robert Mundell, allora dell’Università di Chicago. L’architetto della “supply-side economics” è ora professore alla Columbia University, ma io lo conoscevo per il suo rapporto col mio professore di Chicago, Milton Friedman, molto prima che la ricerca di Mundell sulle valute e i tassi di cambio producesse il progetto dell’Unione monetaria europea e della moneta unica.

Mundell, allora, era più interessato alla ristrutturazione del suo bagno. Il Nobel Professor Mundell, che possedeva una antica villa in Toscana, mi disse, irritato:

“Non mi fanno nemmeno fare una toilette. Hanno delle regole secondo le quali non posso avere un bagno in questa stanza! Potete immaginare? “Si dà il caso che non posso. Ma io non ho una villa italiana, quindi non posso immaginare la frustrazione di un regolamento in materia di costruzione di bagni.

Ma Mundell, un pragmatico canadese-americano, era destinato a farci qualcosa: costruire un’arma che avrebbe spazzato via le norme e regolamenti governativi sul lavoro. (Lui odiava davvero i sindacati degli idraulici che gli facevano pagare un sacco di soldi per spostare il suo trono.) “E’ molto difficile licenziare i lavoratori in Europa”, si lamentava. La sua risposta: l’euro.

L’euro avrebbe davvero fatto il suo lavoro quando la crisi avrebbe colpito, spiegava Mundell.

Rimuovere il controllo governativo sulla moneta avrebbe impedito ai brutti piccoli funzionari eletti di utilizzare le ricette monetarie e fiscali keynesiane per tirare fuori dalla recessione un paese.

“L’euro mette la politica monetaria fuori dalla portata dei politici”, ha detto Mundell. “[E] senza la politica fiscale, l’unico modo per i paesi di riuscire a mantenere i posti di lavoro è dalla riduzione competitiva delle regole per le imprese.”

Ha citato le leggi sul lavoro, le normative ambientali e, naturalmente, le tasse. Tutto sarebbe stato spazzato via con l’euro. Alla democrazia non sarebbe stato permesso di interferire con il mercato – o con l’impianto idraulico.

Come un altro premio Nobel, Paul Krugman, ha osservato, la creazione della zona euro ha violato la regola economica d i base nota come “area monetaria ottimale”. Questa regola era stata concepita da Bob Mundell.

Ma Mundell non se ne preoccupava. Per lui, l’euro non aveva lo scopo di trasformare l’Europa in un potente unione economica. Si trattava di Reagan e Thatcher. “Ronald Reagan non sarebbe stato eletto presidente senza l’influenza di Mundell,” ha scritto una volta Jude Wanniski sul Wall Street Journal. La supply-side economics introdotta da Mundell è diventata il modello teorico per la Reaganomics – o come la definiva George Bush il Vecchio – “economia voodoo”: la credenza magica nella panacea del libero mercato che ha ispirato anche le politiche della signora Thatcher.

Mundell mi ha spiegato che, di fatto, l’euro è un tutt’uno con la Reaganomics:

“La disciplina monetaria impone la disciplina fiscale anche ai politici.”

E quando le crisi arrivano, le nazioni economicamente disarmate hanno poco da fare se non cancellare le regolamentazioni governative, privatizzare in massa le imprese statali, tagliare le tasse e distruggere il modello di welfare state europeo.

Così, vediamo che il primo ministro (non eletto) Mario Monti sta chiedendo la “riforma” del diritto del lavoro in Italia, per rendere più facile ai datori di lavoro come Mundell licenziare gli idraulici toscani.

Mario Draghi, il capo (non eletto) della Banca centrale europea, chiede le “riforme strutturali” – un eufemismo per la frantumazione delle regole sul lavoro. Essi citano la nebulosa teoria secondo cui questa “svalutazione interna” di ogni paese, li renderà tutti più competitivi.

Monti e Draghi non possono spiegare in un modo credibile come, se tutti i paesi del continente deprezzano la forza lavoro, ciascuno possa ottenere un vantaggio competitivo. Ma non c’è bisogno che spieghino le loro politiche, basta lasciar lavorare i mercati sulle obbligazioni di ogni nazione. Quindi, l’unione monetaria è guerra di classe con altri mezzi.

La crisi in Europa e le fiamme della Grecia hanno prodotto il bagliore di ciò che il filosofo della supply-side economics, Joseph Schumpeter, chiamava “distruzione creativa”. Il seguace di Schumpeter e apologeta del libero mercato Thomas Friedman, volato ad Atene per visitare il “santuario improvvisato” di una banca bruciata, dove sono morte tre persone dopo che era stata bombardata dal fuoco dei manifestanti anarchici, ha colto l’occasione per un’omelia sulla globalizzazione e l’ “irresponsabilità” greca.

Le fiamme, la disoccupazione di massa, la svendita dei beni nazionali, avrebbero portato a ciò che Friedman chiama “rigenerazione” della Grecia e, in ultima analisi, di tutta la zona euro. In modo che Mundell e gli altri proprietari di ville possano mettere i loro servizi igienici ovunque diavolo vogliono.

Lungi dal fallimento, l’euro, che è stato una creatura di Mundell, è riuscito probabilmente oltre i sogni più arditi del suo stesso progenitore.

Articolo originale: The Euro is a big success – no kidding