Il datore di lavoro può licenziare un proprio dipendente per giusta causa quando si verifica una circostanza talmente grave da non permettere, neanche provvisoriamente, la prosecuzione del rapporto di lavoro. In caso di licenziamento per giusta causa non si applica il reintegro e il licenziamento è pienamente legittimo.
Licenziamento per giusta causa: quando?
Il datore di lavoro può recedere il contratto con un dipendente senza l’obbligo di preavviso e senza corrispondere l’indennità di mancato preavviso soltanto quando si verifica una circostanza talmente grave da impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro.
I fatti che legittimano il licenziamento per giusta causa sono spesso riportati nei contratti collettivi di lavoro ma per comodità ne riassumiamo alcuni a titolo esemplificativo.
Il licenziamento per giusta causa può essere determinato da:
- insubordinazione, ovvero quando il dipendente si rifiuta in maniera ingiustificata di eseguire prestazioni lavorative
- qualora il dipendente, dopo visita medica che determini l’insussistenza di una malattia, si rifiuti di riprendere il lavoro
- se il dipendente, durante il periodo di malattia presti attività lavorativa che pregiudichi la pronta guarigione, nei confronti di terzi
- sottrazione di beni dell’azienda durante l’esercizio dell’attività lavorativa
- in caso di condotta penalmente rilevante in orario extra lavorativo che faccia venire meno il rapporto di fiducia con il datore di lavoro
- in caso di falso infortunio o falsa malattia dichiarata dal dipendente
- In caso il dipendenti violi il patto di non concorrenza prestando il proprio servizio per aziende concorrenti
- In caso di utilizzo scorretto dei permessi della legge 104
- In caso di falsa timbratura del cartellino
- In caso di minacce o comportamenti scorretti del lavoratore verso colleghi o superiori.
In tutti questi casi i comportamenti del dipendente sono talmente gravi da far venir meno la fiducia necessaria alle basi del rapporto di lavoro rendendo impossibile la prosecuzione del contratto.