Licenziato a 58 anni, la scelta giusta per salvare i contributi pensione

Troppo vecchi per lavorare e troppo giovani per la pensione. Il caso di un 58 enne licenziato da una ditta metalmeccanica.
1 anno fa
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Foto © Licenza Creative Commons

Subire un licenziamento pochi anni prima della pensione è quanto di più brutto possa accadere al giorno d’oggi. In primo luogo perché l’età per ritirarsi tende ad allontanarsi sempre più. In secondo luogo perché a una certa età è difficile trovare un’altra occupazione tale da consentire di colmare anche solo per qualche anno il gap contributivo che manca.

Purtroppo i casi di lavoratori e lavoratrici che, vuoi per un motivo, vuoi per un altro, perdono il lavoro in tarda età sono molti.

Come il caso di un dipendente di un’azienda metalmeccanica del torinese rimasto a casa per via della chiusura della ditta e ci contatta per chiedere consiglio sul da farsi mancando ancora alcuni anni per la pensione.

Licenziato a 58 anni, senza più stipendio e lontano dalla pensione

Salve, mi chiamo Mario e sono rimasto senza lavoro all’età di 58 anni. La mia ditta metalmeccanica è entrata in crisi dopo la scoppio della pandemia e non si è più ripresa. Io e altri sei operai siamo quindi stati licenziati. Per il momento prendiamo la Naspi dall’Inps, ma è destinata a esaurirsi. Ho 36 anni di contributi. Cosa posso fare per non perdere quanto ho maturato finora?

La situazione non è certo delle migliori e rientra in quelle classiche casistiche in cui un lavoratore è troppo vecchio per lavorare e troppo giovane per andare in pensione. Di questi casi è piena l’Italia e una soluzione ideale per risolvere la situazione non c’è.

Per non perdere quanto maturato in tanti anni di esperienza lavorativa cercando di sfruttare al meglio le opportunità offerte dall’ordinamento previdenziale, la cosa ideale sarebbe quella di cercare di raggiungere quanto meno il requisito contributivo minimo per la pensione anticipata. Cioè i 42 anni e 10 mesi di contributi. Mancherebbero, in questo caso, 6 anni e 10 mesi.

Due anni di copertura figurativa arriverebbero dalla Naspi, ma poi ne resterebbero tanti altri da realizzare.

L’unica soluzione è quella di proseguire coi versamenti volontari ammesso che il lavoratore abbia la possibilità di pagare.

L’uscita anticipata per chi perde il lavoro

In alternativa, per chi ha perso il lavoro ed è rimasto disoccupato interviene Ape Sociale. L’anticipo pensionistico aiuta a raggiungere mediante un’indennità mensile paragonata alla pensione, i requisiti per uscire con la vecchiaia. Bisogna però aver raggiunto i 63 anni di età. Anche in questo caso, considerato che il lavoratore ha 58 anni, si può ricorrere alla Naspi come misura ponte verso la pensione.

Poi, terminato il periodo di godimento della Naspi, non sarà necessario proseguire con la contribuzione volontaria perché il lavoratore, avendo già maturato 36 anni di contributi, può accedere ad Ape Sociale. Il requisito minimo, infatti, è di 30 anni di versamenti essendo disoccupato.

Quindi, teoricamente, il signor Mario potrebbe andare in pensione con Ape Sociale. Ovviamente dopo aver fruito della Naspi e aver accumulato altri due anni di contributi utili ai fini pensionistici. Basterà attendere il compimento dei 63 anni di età senza necessariamente proseguire con i versamenti volontari che, oltre a essere costosi, non incrementeranno più di tanto l’importo della pensione.

Riassumendo…

  • Perdere il lavoro a 58 anni può essere una tragedia perché si rischia di restare senza occupazione alternativa e senza pensione.
  • Per andare in pensione servono almeno 42 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall’età.
  • Si può accedere anche ad Ape Sociale per i disoccupati, ma servono 63 anni di età.

Mirco Galbusera

Laureato in Scienze Politiche è giornalista dal 1998 e si occupa prevalentemente di tematiche economiche, finanziarie, sociali

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