Dopo oltre un mese di guerra, ieri le delegazioni di Ucraina e Russia a Istanbul hanno per la prima volta trovato qualche punto d’intesa, segnalando la volontà di abbassare i toni e trovare un accordo. I militari russi hanno annunciato una “forte riduzione” delle operazioni belliche attorno a Kiev. Se saranno fatti e non solo parole, lo vedremo. Di certo c’è che i rendimenti sovrani nell’Eurozona sono scesi parecchio dopo l’annuncio. Il BTp a 10 anni è passato dal 2,25% al 2,10%.
La possibile e auspicabile fine della guerra dovrebbe stimolare l’appetito per il rischio sui mercati. Di fatto, le borse europee hanno chiuso decisamente in territorio positivo, con Piazza Affari ad archiviare la seduta a +2,4%. In teoria, però, ciò avrebbe dovuto aumentare e non ridurre i rendimenti dei titoli di stato. E’ accaduto il contrario. Ma è tutt’altro che un paradosso. Gli investitori temono in questa fase una cosa sopra ogni altra: l’inflazione.
La guerra tra Russia e Ucraina sta surriscaldando i prezzi delle materie prime, soprattutto di petrolio e gas, i quali già erano in forte ascesa sin dall’inizio dello scorso anno. In virtù di ciò, i rendimenti dei bond salgono anche per scontare il sempre più probabile avvio della stretta monetaria della BCE. L’istituto ridurrà gli acquisti dei bond nel secondo trimestre per finanche cessarli nel terzo. A quel punto, tra la fine di quest’anno e l’inizio del prossimo inizierebbe ad alzare i tassi d’interesse.
Le due facce della guerra sui titoli di stato
Negli USA, i titoli di stato hanno inviato ieri un segnale negativo sullo stato futuro dell’economia americana. Per la prima volta dal 2019, il rendimento a 10 anni è sceso, pur brevemente, sotto il rendimento a 2 anni. L’inversione della curva ha anticipato in sette occasioni dal 1970 ad oggi l’inizio della recessione con un anticipo medio di 17 mesi.
Ieri, quando si è diffusa la notizia del buon andamento del negoziato russo-ucraino mediato dai turchi, i prezzi delle materie prime hanno ripiegato e ciò ha sostenuto quelli dei titoli di stato, i cui rendimenti sono scesi. D’altra parte, con l’inizio della guerra avremmo dovuto assistere a un calo dei rendimenti per via della caccia ai “safe asset” sui mercati. E’ accaduto anche in questo caso il contrario, poiché ad essere prevalsi sono stati i timori sull’inflazione. Per concludere, l’impatto della guerra sui titoli di stato è duplice: positivo per la maggiore avversione al rischio degli investitori, negativo per il surriscaldamento delle aspettative d’inflazione che provoca.