L’inflazione così alta non si vedeva sin dagli anni Ottanta. Nel mese di agosto, in Italia i prezzi al consumo sono schizzati dell’8,4% su base annua. Pensate che negli anni precedenti al Covid, crescevano al ritmo medio dell’1%. Un’accelerazione che si fa sentire sulle tasche delle famiglie e che inizia ad avere un certo impatto anche sul mercato immobiliare. Succede, infatti, che per fermare l’inflazione la BCE sta alzando i tassi d’interesse. E l’Associazione bancaria italiana svela che nel mese scorso i prestiti alle famiglie sono sì cresciuti del 4% rispetto all’agosto 2021, ma i nuovi mutui sono stati erogati a un tasso medio del 2,13%, appena inferiore al 2,15% di luglio, ma in netto rialzo dall’1,46% di un anno prima.
Tassi in rialzo sui mutui
Comprare casa è già diventato più costoso. E siamo solo agli inizi. In effetti, l’Euribor a 3 mesi è esploso in un anno di quasi 180 punti base o 1,80%, mentre l’IRS a 25 anni di oltre 200 punti o 2%. Prendiamo questi tassi come riferimento per il mutuo a tasso variabile e a tasso fisso rispettivamente. Ciò significa che il rialzo già avvenuto dello 0,67% medio sia appena un terzo del totale di cui avremo contezza entro pochi mesi.
Forse anche in previsione di ciò il mercato immobiliare ha registrato nei mesi scorsi un boom di compravendite. Tra aprile e giugno gli acquisti di abitazioni sono aumentati del 9% annuo, toccando le 210.700 unità. E’ il dato comunicato dall’Osservatorio dell’Agenzia delle Entrate. Tuttavia, Mutuionline stima un calo complessivo per quest’anno del 5,3% a 710.000 unità e nel 2023 del 5,6% a 670.000.
In soldoni, il mercato immobiliare avrebbe anticipato il rialzo dei tassi e sembra destinato a un ripiegamento duraturo. Peccato che avesse iniziato a riprendersi da pochi mesi dopo una crisi che durava ormai da un quindicennio. Non può essere altrimenti.
Conseguenze sul mercato immobiliare
Ad agosto, un’abitazione media in Italia è stata acquistata per 1.820 euro al metro quadrato, cioè l’1,1% in più dei 1.800 euro di un anno prima. Allo stesso tempo, il prezzo dell’affitto è salito del 7,4%, passando da 11,40 a 12,20 euro al metro quadrato. In entrambi i casi, però, il picco sembra essere stato toccato nel mese di luglio. E c’è da dire che, con un’inflazione italiana all’8,4% in agosto, la crescita reale dei prezzi è stata comunque negativa. Con una vistosa differenza: i proprietari di case sono riusciti sostanzialmente a scaricare gli aumenti del costo della vita sugli inquilini, mentre nel caso di una vendita si sono dovuti accontentare di offerte quasi invariate rispetto all’anno precedente.
Da questi dati, emerge anche che il mercato immobiliare sia diventato un investimento più appetibile. Il rendimento medio lordo offerto risulta salito da 7,6% a 8%. Esso è dato dal rapporto tra il prezzo dell’affitto per metro quadrato moltiplicato per 12 mesi dell’anno e il costo di acquisto dell’abitazione.
Aria di crisi, previsioni negative
Che ci sia aria di crisi lo testimonierebbe persino il mercato immobiliare americano, là dove originò la crisi finanziaria mondiale scaturita dai mutui subprime nel 2008. I prezzi di compravendita sono risultati ad agosto leggermente inferiori a quelli richiesti dai proprietari (99,8%) e, soprattutto, l’indice Case-Shiller ha registrato una decelerazione nel tasso di crescita dei prezzi delle abitazioni. Essa sarebbe stata la più marcata di sempre. Inoltre, per la prima volta dal 2000 i tassi sui mutui a 30 anni hanno superato il 7%, ai massimi dal 2000. Adesso, un americano spenderebbe più della metà del suo reddito medio per pagare la rata del mutuo e quasi il doppio di appena due anni fa.
In sostanza, il mix tra inflazione e tassi in aumento colpisce il mercato immobiliare, indebolendone la domanda e, di conseguenza, i prezzi. Ciò porterebbe nei mesi a una battuta di arresto sul piano delle compravendite, visto che, con prezzi già molto bassi in Italia, le offerte dei potenziali acquirenti saranno ritenute inaccettabili dai proprietari. I tempi per la conclusione dei contratti si allungheranno, mentre gli inquilini subiranno i rincari. C’è da scommettere che non saranno pochi i proprietari che rinunceranno alla cedolare secca per poter adeguare il canone di locazione all’inflazione ISTAT. La tassazione fissa rischia, infatti, di non compensare più i mancati aumenti lungo la durata del contratto.