L’Indonesia ha emesso in settimana “pandemic bond” a 10,5, 30,5 e 50 anni in dollari per 4,3 miliardi e finalizzati a combattere il Coronavirus. Elevata la domanda, pari a 10,9 miliardi, grazie al forte interesse dimostrato dagli investitori di Singapore e Francoforte. L’accordo è stato finalizzato negli USA. Nel dettaglio, sono stati collocati sul mercato titoli con scadenza 15 ottobre 2030 per 1,65 miliardi al rendimento del 3,9%, con scadenza 15 ottobre 2050 per altri 1,65 miliardi al 4,25% e, infine, con scadenza 15 aprile 2070 per il restante 1 miliardo e con rendimento del 4,50%.
Bond Indonesia: dopo i forti cali a febbraio, recupero possibile?
E quest’ultimo è stato il primo bond di così lunga durata ad essere mai stato emesso in Asia. Ha riscosso l’appetito del mercato, se è vero che ha esitato un rendimento inferiore al decennale emesso in dollari dalla stessa Indonesia nel 2018 al 4,78%. Chiamatela fame di rendimento o caccia alle occasioni, sta di fatto che questa economia emergente si mostra appetibile. Per quest’anno, emetterà quasi 1.000 miliardi di rupie locali in titoli di stato (circa 60 miliardi di dollari) al netto delle scadenze, di cui il 45% per finanziare la lotta al Coronavirus, che qui ha provocato più vittime che altrove in Asia, fatta eccezione la Cina.
S&P e Fitch assegnano al debito sovrano indonesiano il rating “BBB”, Moody’s “Baa2”. Dunque, stiamo parlando di un mercato “investment grade” e che registra un tasso di crescita economico annuo medio del 5%, anche se quest’anno certamente anche l’Indonesia risentirà della crisi internazionale scatenata dalla pandemia. Le riserve valutarie della banca centrale si attestavano a 121 miliardi di dollari alla fine di marzo, in calo di 9,4 miliardi rispetto a febbraio, a causa sia del pagamento di debiti contratti con l’estero, sia degli interventi dell’istituto per sostenere il cambio, colpito dagli ingenti deflussi dei capitali accusati dai mercati emergenti con le tensioni internazionali.
Fondamentali solidi
I rendimenti sono saliti lungo la curva delle scadenze in rupie. Il trentennale oggi rende l’8,45%, in netto rialzo dal 7,64% di inizio anno. Attualmente prezza in area 88 centesimi e se dovesse tornare ai livelli di rendimento di inizio 2020, tenderebbe alla pari, guadagnando a doppia cifra. E le probabilità che ciò avvenga, superata questa fase critica, vi sono. Anzitutto, si consideri che il rapporto debito/pil in Indonesia si attesta ancora al 30% e che l’inflazione a marzo risulta lievemente scesa appena sotto il 3%, mentre i tassi restano fissati al 4,50%. Il cambio ha perso oltre il 12% contro il dollaro quest’anno, nettamente sopra la media del 3,6% dell’ultimo decennio. Ad ogni modo, quando i capitali torneranno ad affluire sui mercati emergenti, l’istituto disporrebbe di margini per abbassare il costo del denaro, sostenendo così anche il mercato obbligazionario domestico.
Tornando al bond “Matusalemme” appena emesso, la cedola del 4,50% attira molto. Essa offre un premio di quasi 200 punti base rispetto al nostro BTp 2067, anche se bisogna tenere conto del rischio di cambio. Quando i prezzi di materie prime come petrolio, gas e olio di palma – tutte componenti fondamentali delle esportazioni indonesiane – si riprenderanno, probabile che sia il cambio che i prezzi dei bond in valuta locale e in dollari seguiranno. Chi punta a investire per sfruttare le occasioni di guadagno con la ripresa post-Coronavirus non dovrebbe ignorare l’Indonesia, sedicesima economia al mondo per pil nominale.