Uno studio pubblicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità accende i riflettori sulle politiche di marketing dell’industria del tabacco, che negli ultimi anni sta incontrando sempre più difficoltà nei paesi sviluppati, a causa delle legislazioni maggiormente restrittive, come i divieti di pubblicizzare la vendita di sigarette e le norme introdotte contro il fumo nei locali pubblici. Insomma, le campagne di sensibilizzazione starebbero dando i loro frutti, che si riflettono nel calo del numero dei fumatori, per cui le imprese del settore si starebbero spostando progressivamente sui paesi più poveri, dove le norme sono ancora più flessibili.
Divieto fumo e restrizioni a promozione nei paesi ricchi spinge a puntare su nuove economie
Lo studio ha esaminato 462 realtà locali di 16 paesi di diverso grado di sviluppo economico del pianeta, registrando il numero di esercizi, in cui si vende tabacco, e intervistando 12 mila persone, chiedendo loro se ricordano di avere visto o ascoltato negli ultimi 6 mesi forme di pubblicizzazione della vendita di tabacco. I risultati dello studio sono stati eloquenti: le campagne di marketing si stanno sempre più concentrando sui paesi con reddito pro-capite basso o medio-basso, non potendo fare altrimenti in gran parte dei paesi più ricchi. Non lo stesso dicasi per gli USA, dove la pubblicità è garantita dal Primo Emendamento della Costituzione americana e dove, si apprende, l’80% dei fumatori avrebbe acceso la prima sigaretta prima dei 18 anni di età. La Professoressa Anna Gilmore, dell’Università di Bath, nel Regno Unito, a capo del Gruppo di Ricerca sul Controllo del Tabacco, spiega che il futuro dell’industria del settore è legato proprio alle prospettive dei profitti nei paesi più poveri. Qui, le ricerche trovano che a fumare sarebbero 900 milioni di persone.
Le strategie dell’industria del tabacco
Sono diverse le strategie per spronare al fumo. Gilmore e i suoi colleghi notano nella loro ricerca, ad esempio, che nei paesi più poveri, il 64,8% degli esercizi recensiti vende sigarette singole, mentre la percentuale crolla al 2,8% nei paesi avanzati.