Domani sarà una giornata molto attesa sui mercati finanziari, così come tra milioni di famiglie in tutta l’Area Euro alle prese con il caro mutui. La Banca Centrale Europea (BCE) si riunisce per l’ultima volta quest’anno e ci fornirà nuove previsioni macro per il triennio prossimo. Quasi certamente, non aumenterà più i tassi di interesse. L’inflazione è scesa nell’area al 2,4% a novembre e anche a dicembre potrebbe proseguire il calo, avvicinandosi ulteriormente al target del 2% o persino scendendo al di sotto di esso.
Inflazione dicembre più vicina al target BCE
Ricordate com’è esploso il carovita tra la fine del 2021 e gli inizi dello scorso anno? Ci fu il boom contestuale di petrolio e gas. Il primo galoppava a causa delle tensioni geopolitiche e dei tagli all’offerta da parte dell’OPEC decisi in pandemia e non ritirati con la fine dei lockdown. Il secondo esplodeva fino al record storico 340 euro per Mega-wattora sul mercato europeo, quando oggi si acquista intorno ai 35 euro. Ciliegina sulla torta: il collasso del cambio euro-dollaro ai minimi dal 2002, in area 0,95.
Petrolio e gas giù anche a dicembre
Ebbene, tutto questi fattori che hanno inciso negativamente sul potere di acquisto dei cittadini europei, sono venuti quasi del tutto meno. Ieri, il Brent è precipitato sotto 74 dollari e in media in questo mese di dicembre si è attestato a 76 dollari. Tenuto conto del cambio, il costo per un barile è stato inferiore a 70,50 euro. Nel dicembre dello scorso anno, si aggirava sopra 77 euro. Siamo dinnanzi a un calo vicino al 10% su base annua.
Ancora meglio sta andando sul mercato del gas. Nel dicembre dell’anno scorso, il prezzo per Mega-wattora viaggiò in media sopra 116 euro. Questo mese, risulta essere sotto i 39 euro. Il crollo è dei due terzi. Poiché l’energia pesa sul paniere Eurostat per il 9,5%, ci aspettiamo che petrolio e gas contribuiscano fortemente al ridimensionamento del tasso d’inflazione a dicembre.
Rischio inflazione da rinnovi contrattuali
La Bundesbank sostiene, ad esempio, che il principale pericolo alla stabilità dei prezzi d’ora in avanti arrivi dai rinnovi contrattuali. Poiché i lavoratori desiderano recuperare il potere di acquisto perduto, i sindacati stanno negoziando da mesi salari ben più alti per i prossimi anni. Ciò rischia di perpetuare l’inflazione. A meno che le imprese non accettino di ridurre i margini di profitto. Solo così i miglioramenti retributivi in eccesso sulla crescita della produttività sarebbero assorbiti e non scaricati sui prezzi finali.