Nel mese di ottobre, il tasso d’inflazione in Italia risulta esploso all’11,9% su base annua dall’8,9% di settembre. Per l’ISTAT si tratta del dato più alto dal 1984. Su base mensile, la crescita dei prezzi al consumo è stata del 3,5%, mai così alta. Il carrello della spesa, vale a dire i prodotti di largo consumo, è rincarato del 12,7%. Numeri da emergenza nazionale e che hanno riflessi devastanti sull’economia nazionale. Tanto per iniziare legano le mani alla premier Giorgia Meloni sul tema spinoso e sensibile delle pensioni.
Che manchino i quattrini per una revisione genuina del sistema previdenziale lo sappiamo. Così come sappiamo che dall’1 gennaio serviranno molti più soldi per finanziare la rivalutazione delle pensioni. Gli assegni dovranno essere adeguati all’inflazione. Più questa sale, maggiore il costo per lo stato. Con il DEF di aprile, il governo Draghi aveva stimato per quest’anno un’inflazione del 5,8%. Sulla base del dato di ottobre, l’inflazione acquisita risulta salita già all’8% dal 7,1% di settembre. Cosa significa? Se l’indice dei prezzi non varia fino alla fine dell’anno, il dato medio dell’inflazione nel 2022 sarà proprio dell’8%.
Inflazione e pensioni, soglia-limite 8%
Rispetto al +5,8% stimato, saranno oltre due punti percentuali sopra. E questo, stando alle previsioni dell’Ufficio parlamentare di bilancio di settembre, equivale a un extra-costo nell’ordine di 8 miliardi. Già al suo insediamento la premier Meloni conosceva di questo dato, di cui si dibatte da settimane nel Paese. Se, però, l’inflazione continuasse a salire a novembre (il dato di dicembre sarà per il momento solo presunto), il nuovo governo dovrebbe trovare ulteriori risorse da destinare alle pensioni, ma non per concedere più flessibilità ai lavoratori, quanto semplicemente per rivalutare gli assegni.
Considerate che ogni 1 punto percentuale in più d’inflazione comporta circa 3 miliardi di euro di maggiori esborsi per l’INPS. E da settembre a ottobre l’inflazione acquisita, stando al dato preliminare, è aumentata proprio di circa l’1%. Certo, per contro è anche vero che una maggiore inflazione dovrebbe tradursi in un gettito fiscale più elevato. Infatti, con prezzi più alti circola più IVA e qualche azienda fatturerà di più, versando maggiori imposte. Sempre che ciò non rientri già nel minore deficit stimato (da 5,6% a 5,1%) dal governo Draghi con la Nota di aggiornamento al DEF di poche settimane fa. Grazie ad essa, il governo Meloni disporrà di quasi 10 miliardi di euro in più di margine di manovra sui conti pubblici.
Bisogna tenere conto anche del crollo del prezzo del gas a 100 euro per Mega-wattora sul mercato borsistico olandese, due terzi in meno dei massimi storici toccati a fine agosto. Probabile che già la bolletta del gas a novembre diminuisca un po’, abbassando l’inflazione e contenendo così la spesa per le pensioni. L’importante è che non si superi una rivalutazione dell’8%, sopra la quale il governo dovrebbe andare a caccia di nuove risorse, sottraendole a tutti gli altri capitoli del bilancio statale.