Lingotti e monete d’oro nel mirino dell’antiriciclaggio, attenti o scatta il sequestro alla frontiera

La legge antiriciclaggio inasprisce i controlli e ora nel mirino anche carte prepagate e oro sotto forma di monete, lingotti e semilavorati.
2 settimane fa
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Corsa all'oro grazie al dollaro

Esportare capitali all’estero o riceverli in Italia potrà costare caro. Le maglie della normativa italiana sull’antiriciclaggio si sono fatte più strette. Il 4 settembre scorso il Consiglio dei ministri ha recepito con decreto legislativo il Regolamento UE 1672 del 2018. Esso pone un limite al denaro contante e assimilabile in entrata e uscita verso e dall’Unione Europea. La soglia massima consentita è di 10.000 euro, ma la vera novità riguarda il fatto che vi rientreranno anche le carte prepagate e l’oro in tutte le sue forme, cioè in monete, lingotti e destinato alle lavorazioni.

Sanzioni e rischi con nuova normativa

Cosa succede se si posseggono denaro e/o beni ad esso assimilabili per un controvalore superiore ai suddetti 10.000 euro? L’importatore o l’esportatore è tenuto a darne comunicazione all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, giustificandone i movimenti. L’obbligo riguarda le monete in cui l’oro rappresenta almeno il 90% della lega e i lingotti in cui esso pesi per almeno il 99,5%. I funzionari delle Dogane potranno trattenere la somma di denaro o i beni anche qualora il loro valore risultasse inferiore ai 10.000 euro, ove avessero il fondato dubbio che siano frutto di attività illecite. Il sequestro potrà avere durata massima di 90 giorni.

In caso di omessa dichiarazione, la sanzione varierà da un minimo di 500 a un massimo di 1 milione di euro. I funzionari potranno sequestrare la parte eccedente la soglia massima dei 10.000 euro o anche tutta, se il bene o i beni in questione fossero indivisibili. Dunque, occhi aperti. L’antiriciclaggio ha compiuto un ulteriore passo in avanti con l’obiettivo di impedire movimenti di capitali sfuggenti al fisco o, addirittura, frutto di attività criminali.

Lingotti sempre più preziosi

Come sappiamo, l’oro è da molti mesi in una fase rialzista apparentemente inarrestabile. Le quotazioni hanno toccato il record storico di oltre 2.525 dollari l’oncia lo scorso 26 agosto.

Restano poco al di sotto dei 2.500 dollari e gli analisti scommettono sul raggiungimento dei 3.000 dollari già entro l’anno tra taglio dei tassi di interesse, possibili tensioni post-elettorali negli Stati Uniti, geopolitica in subbuglio e crisi economica in Nord America ed Europa. Che l’antiriciclaggio prenda di mira il bene rifugio per eccellenza non stupisce. Si tratta di un asset importante da millenni per la conservazione del valore nel tempo. E man mano che le quotazioni crescono, servono lingotti sempre più piccoli per investire una data somma di denaro. Ne beneficia la comodità degli scambi, persino tra coloro che hanno cattive intenzioni.

Oggi come oggi, tenuto anche conto del tasso di cambio euro-dollaro, basterebbero meno di 138 grammi di oro 24 carati per superare da solo la soglia dei 10.000 euro indicata dalle norme sull’antiriciclaggio. Ne servivano oltre 230 grammi cinque anni fa e poco meno di 955 grammi una ventina di anni fa. Questo vi fa capire quanto un lingotto abbia acquisito valore dall’inizio del millennio. Per ipotesi, se continuasse a salire di prezzo, risulterebbe ancora più conveniente utilizzarlo negli scambi per via della bassa quantità occorrente per regolare un pagamento. E la parte creditrice non avrebbe di certo remore ad accettare in saldo un asset così prezioso.

Antiriciclaggio foglia di fico per lotta a contante e oro

Pur partendo da giuste premesse, c’è tutta la sensazione che la normativa antiriciclaggio sia l’ennesimo tassello inserito dai governi per scoraggiare l’uso dell’oro come alternativa al denaro fiat. L’intento dichiarato ormai palesemente consiste nel far tendere i cittadini ai soli pagamenti elettronici, sorvegliabili, tracciabili e per questo non sfuggenti agli occhi del fisco. Ma la sfiducia instillata anche da queste misure verso la moneta cartacea e digitale contribuirebbe a rafforzare gli investimenti nell’oro per mettere in salvo i capitali da scenari futuri poco rasserenanti.

L’Italia si adegua con sei anni di distanza a una disciplina europea, tesa a penalizzare l’uso di alternative alla moneta come unità di conto. Un modo goffo per sperare di preservare la credibilità dell’euro come mezzo di pagamento.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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