La scorsa settimana, il presidente dell’INPS, Pasquale Tridico, ha rilasciato una dichiarazione che avrà fatto saltare dalla sedia in tanti, quando ha spiegato che un Paese con 60 milioni di abitanti e solamente 23 milioni di occupati non può pensare di avere un sistema delle pensioni sostenibile. Secondo Tridico, tra inattivi, giovani, donne e scoraggiati mancano all’appello 10 milioni di posti di lavoro. Ha sottolineato come la piaga riguardi particolarmente il Sud, sebbene anche il Nord sia attraversato dal problema del lavoro nero.
L’allarme di Tridico cade nei giorni “caldi” del dibattito sulle pensioni. I sindacati di CGIL e UIL hanno organizzato uno sciopero generale per giovedì scorso e tra l’altro da oggi dovrebbero tornare a confrontarsi con il governo proprio sul capitolo della previdenza. Nessuno (o quasi) vuole tra i partiti e i ministri il ritorno alla legge Fornero, che ha innalzato l’età pensionabile per uomini e donne a 67 anni. Dopo quota 100, in scadenza alla fine di questo mese, dovrebbe esservi quota 102 e successivamente un qualche meccanismo flessibile per uscire dal lavoro, magari tarato sui lavoratori che svolgono lavori gravosi.
Pensioni, numeri INPS
I numeri non depongono a favore di uno slancio di generosità. In Italia, nel 2019 abbiamo speso circa 273 miliardi tra pensioni di vecchiaia, ai superstiti e invalidità (IVS). Nello stesso anno, le entrate contributive si fermavano a 236 miliardi. Significa che altri 36-37 miliardi, pari a oltre 2 punti di PIL, sono stati coperti dallo stato ricorrendo alla fiscalità generale, ovvero alle tasse pagate dai contribuenti, come IRPEF, IVA, IRES, IRAP, accise, etc.
Facendo due conti spiccioli, troviamo che mediamente ogni lavoratore in Italia paghi la media di 10.000 euro di contributi all’anno all’INPS. Ora, i 10 milioni di lavoratori che mancherebbero all’appello secondo Tridico sono una stima esagerata secondo ogni criterio. Pensate solamente che se tendessimo ai livelli di occupazione altissimi della Germania, al 76% contro il nostro poco più del 58%, avremmo 7 milioni in più di lavoratori rispetto ad oggi.
In pratica, un mercato del lavoro in piena occupazione riuscirebbe a colmare il deficit delle pensioni in Italia. E considerate che lo stato incasserebbe anche un maggiore gettito fiscale grazie alla creazione di redditi aggiuntivi, mentre ci sarebbe minore bisogno di erogare sussidi e altre forme di assistenza, dato che milioni di persone in più godrebbero di redditi da lavoro. La flessibilità diverrebbe possibile in un siffatto scenario, perché alla base vi sarebbe una robusta economica e finanziaria che ad oggi non s’intravede. Fino ad allora, dovremmo concentrarci sulla creazione di posti di lavoro e non di nuovi pensionati.