Il crollo della lira egiziana di ieri (-38%) è una dura lezione sui cambi fissi

Maxi-svalutazione della lira egiziana ieri, dopo che il governo ha dato l'addio al cambio fisso con il dollaro. Ecco perché i "peg" sono spesso insostenibili.
8 anni fa
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Il “peg” saudita fa eccezione, per ora

Senonché, come dimostra il Venezuela, l’inflazione tende ad impennarsi rapidamente proprio sotto un cambio eccessivo per la carenza dell’offerta e la fissazione dei prezzi interni con riferimento al cambio illegale, mentre il debito diventa ugualmente insostenibile, man mano che le riserve valutarie diminuiscono e che l’economia nazionale tracolla.

C’è un altro esempio attuale di economia con cambio fisso o “peg” troppo forte: l’Arabia Saudita. Da 31 anni, Riad aggancia il rial al dollaro al tasso di 3,75.

Con la crisi delle quotazioni del petrolio, più che dimezzatesi in due anni, l’economia del regno ha perso grossa parte delle sue entrate fiscali, dipendenti dai beni energetici per l’80%, tanto che lo scorso anno ha registrato un deficit pubblico di quasi il 15%, pari a 98 miliardi di dollari. Tuttavia, nel paese non vi è traccia di carenza di beni o di prezzi fuori controllo, per il semplice fatto che la banca centrale deteneva all’inizio della crisi circa 730 miliardi di dollari in riserve valutarie, intaccate ancora solo per circa 150 miliardi. In sostanza, i sauditi hanno tutto il tempo per attendere una risalita dei prezzi petroliferi, senza che ciò provochi l’insostenibilità del cambio fisso. (Leggi anche: Arabia Saudita, boom di attese per fine del “peg”)

In generale, quale lezione possiamo ricavare dagli ultimi accadimenti in fatto di “peg”? I cambi fissi non sono in sé una minaccia all’economia di chi li adotta, purché siano legati ai fondamentali. Nemmeno un cambio eccessivamente debole sarebbe sostenibile a lungo, come lo scorso anno ha dimostrato traumaticamente persino la ricca Svizzera. Quando il cambio viene slegato dalle forze del mercato sottostanti, si mettono in moto meccanismi (eccessivi afflussi o eccessivi deflussi), che destabilizzano l’economia nazionale. Ne consegue, che i “peg” di successo non possono che essere fissati bilateralmente, ovvero tramite accordi tra due banche centrali a loro sostegno (vedi Danimarca) e tra paesi con fondamentali e trend economici molto simili.

 

 

Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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