Il “peg” saudita fa eccezione, per ora
Senonché, come dimostra il Venezuela, l’inflazione tende ad impennarsi rapidamente proprio sotto un cambio eccessivo per la carenza dell’offerta e la fissazione dei prezzi interni con riferimento al cambio illegale, mentre il debito diventa ugualmente insostenibile, man mano che le riserve valutarie diminuiscono e che l’economia nazionale tracolla.
C’è un altro esempio attuale di economia con cambio fisso o “peg” troppo forte: l’Arabia Saudita. Da 31 anni, Riad aggancia il rial al dollaro al tasso di 3,75.
In generale, quale lezione possiamo ricavare dagli ultimi accadimenti in fatto di “peg”? I cambi fissi non sono in sé una minaccia all’economia di chi li adotta, purché siano legati ai fondamentali. Nemmeno un cambio eccessivamente debole sarebbe sostenibile a lungo, come lo scorso anno ha dimostrato traumaticamente persino la ricca Svizzera. Quando il cambio viene slegato dalle forze del mercato sottostanti, si mettono in moto meccanismi (eccessivi afflussi o eccessivi deflussi), che destabilizzano l’economia nazionale. Ne consegue, che i “peg” di successo non possono che essere fissati bilateralmente, ovvero tramite accordi tra due banche centrali a loro sostegno (vedi Danimarca) e tra paesi con fondamentali e trend economici molto simili.