La favola dell’Islanda è giunta al termine o almeno di sta prendendo una pausa. L’isola di ghiaccio del Nord Europa, a metà tra mito e realtà per gran parte degli abitanti della Terra, quest’anno potrebbe andare in recessione per la prima volta dalla crisi finanziaria ed economica di 10 anni, che proprio qui visse uno dei momenti più drammatici con il default e il contestuale collasso della corona. La ripresa sin dal 2011 è stata trainata dal boom dei turisti. Pensate che nel 2018, ne sono arrivati ben 2 milioni dall’estero su una popolazione di appena 350.000 abitanti, circa il 5,5% in più dell’anno prima, ma il tasso di crescita risultava già in forte rallentamento dal +24% registrato tra il 2016 e il 2017.
Turisti in Islanda? Vacanze un po’ meno care, ma forse per poco
Il turismo era arrivato a pesare per un terzo del pil nel 2015. Ma i numeri di questi primi mesi dell’anno sono impietosi, per quanto non del tutto inattesi: a maggio, i turisti in arrivo sono crollati del 24%, i pernottamenti del 5,5%. E così, l’occupazione sta calando, come dimostra l’aumento del tasso di disoccupazione dal 3% di inizio anno al 3,6% del mese scorso. La banca centrale lo vede in salita al 3,9% entro fine anno. Nulla di preoccupante, specie se si raffronta il dato con la situazione internazionale; semmai, la conferma che il boom sia alle spalle.
Anzi, lo stesso governatore Mar Gudmundsson ha avvertito che il fallimento di Wow Air a marzo avrà un impatto significativamente negativo sull’economia isolana. Se l’anno scorso si prevedeva che nel 2019 sarebbe cresciuta dell’1,9%, adesso si teme una recessione dello 0,4%.
Turisti restano molto numerosi
Per quanto in contrazione, il turismo si mostra un settore ben più solido di 10 anni fa. I passeggeri in transito all’aeroporto di Keflavik quest’anno scenderanno a 8,9 milioni dai 9,8 del 2018, ma risulteranno pur sempre 5 volte tanto quelli nel 2009. A maggio, la banca centrale ha tagliato i tassi di mezzo punto percentuale al 4%, mentre il governo si dice pronto a intervenire con stimoli per sostenere l’economia. Per quest’anno, almeno prima che soffiassero i venti di crisi, si stimava un surplus di bilancio pari all’1% del pil. Almeno parte di esso verrebbe impiegato a sostegno del turismo. Dunque, la leva fiscale e quella monetaria sarebbero preparate a gestire una crisi, forse più di sempre. E, comunque, gli islandesi sono abituati a cambi repentini, frequenti e marcati di fortuna.
A dare sollievo all’economia islandese ci sta pensando anche la corona. Il cambio si è indebolito contro l’euro del 6% quest’anno, salendo a 141,5. Rispetto ai livelli di maggio 2017, risulta essersi deprezzato di ben il 28%. Proprio la super corona ha contribuito a porre fine al boom del turismo, aumentando il costo delle vacanze nell’isola, dove già i prezzi sono di per sé elevati. Non pare, comunque, che gli investitori siano granché preoccupati di un nuovo fallimento finanziario, pur scottati dall’introduzione dei controlli sui capitali, tutt’ora parzialmente in vigore.
L’Islanda rimuove da oggi i controlli sui capitali, il turismo aiuta a voltare pagina