Era nell’aria, ora la conferma ufficiale la da l’Istat: nel mese di agosto, l’indice dei prezzi è diminuito dello 0,1% su base annua dal +0,1% di luglio, anche se registra una crescita dello 0,2% su base mensile. Siamo nello scenario temuto dai più, ossia quello della deflazione. Tecnicamente, non basterebbe un mese di prezzi tendenziali in calo per parlare di deflazione. Il processo dovrebbe essere prolungato nel tempo, ma è evidente che il trend degli ultimi mesi non lasci spazio a dubbi: i prezzi in Italia continuano a raffreddarsi costantemente e adesso iniziano a mostrare un calo su base annua.
Verso il QE?
A questo punto, gli analisti di Credit Suisse prevedono che il governatore della BCE, Mario Draghi, annuncerà già il prossimo giovedì, alla conferenza stampa successiva al board mensile, il varo di un piano di “quantitative easing”, che consisterebbe nell’acquisto di titoli di stato dell’Eurozona e di obbligazioni private, in modo da immettere liquidità sui mercati e stimolare i prezzi. Il QE partirebbe, però, non prima di gennaio, ossia successivamente al completamento degli stress-test, previsto per fine ottobre-inizio novembre, dopo che si saranno tenute le prime due aste Tltro di settembre e dicembre e dopo che sarà stato avviato anche il piano di acquisti dei titoli Abs. APPROFONDISCI – La BCE è nel panico per il rischio deflazione e il calo dei prestiti bancari Marc Faber attacca la BCE: se fossi Draghi preferirei la deflazione Draghi avrebbe rotto gli indugi, nonostante non goda di un consenso politico amplissimo dentro al board (la Bundesbank è contrarissima a nuovi stimoli monetari), per via dell’indebolimento dei dati macroeconomici e sulla scia delle tensioni geopolitiche, che potrebbero spegnere la già debolissima ripresa dell’Eurozona. Alla conferenza stampa, il governatore potrebbe dichiarare che il QE non sarà attuato, se da qui ai prossimi mesi vi saranno segnali tangibili di un miglioramento dell’economia europea. Tornando all’Italia, la deflazione potrebbe far saltare i conti pubblici. Se la crescita nominale del pil si abbassasse ulteriormente, dato che essa è il risultato della somma tra il pil reale e l’inflazione, il rapporto tra deficit e pil e tra debito pubblico e pil salirebbe, anche in assenza di un peggioramento sul lato della spesa pubblica o delle entrate.