Il Tesoro starebbe studiando insieme alle banche l’emissione di un bond in dollari per la prima volta da 8 anni a questa parte. Lo riportano fonti vicine al dossier, che hanno riferito la notizia a Reuters. Ad oggi, esistono due soli BTp denominati in dollari, visto che l’ultima emissione nel 2010 ha riguardato un titolo triennale, scaduto nel 2013. Trattasi del bond con scadenza nel settembre 2023 e un altro nel 2033 per complessivi 3,5 miliardi di dollari, pari a poco più di 3 miliardi di euro.
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I BTp in dollari ad oggi circolanti furono emessi nel 1993 e nel 2003 e, pertanto, si trattava all’atto del loro collocamento sul mercato di trentennali. La loro performance si è mostrata migliore negli ultimi mesi rispetto a quella offerta dai titoli di pari scadenza e denominati in euro. Il bond 2023 ha perso dalla metà maggio a ieri il 4,6%, mentre l’omologo BTp agosto 2023 in euro ha segnato nello stesso periodo un -6,5%. Stesso discorso per il giugno 2033 in valuta americana, che ha perso il 7,4% contro il -8,7% accusato dal BTp settembre 2033 in euro.
Sulle ragioni di tale migliore andamento ci sarebbe da discutere. Di certo, stanno influendo le attese sul dollaro.
A cosa punta il Tesoro italiano?
E confrontando i rendimenti dei Treasuries, anch’essi chiaramente denominati in dollari, scopriamo che i nostri offrono per entrambe le scadenze quasi il 2% in più. Questo sarebbe lo spread italiano di medio e lungo termine rispetto alla prima economia mondiale, il rischio Paese che paghiamo in forma di maggiori interessi da corrispondere agli investitori per attirare i loro capitali rispetto all’America.
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Per quanto detto sopra, dovremmo dedurre che lo stato italiano si accingerebbe ad emettere un BTp in dollari con rendimento maggiore di quello offerto sulla medesima scadenza da un pari in euro. A che pro? Molto probabile che il bond venga emesso sotto la legge di New York, cosa che rassicurerebbe gli investitori dal rischio che correrebbero nel caso in cui l’Italia dovesse effettivamente uscire dall’Eurozona. Il debito in dollari, infatti, non sarebbe intaccato dall’eventuale conversione dall’euro alla lira e la legislazione americana viene percepita dalla finanza come più rassicurante per le condizioni generali offerte.
Infine, esso probabilmente punterebbe a vincere la scommessa sul cambio euro-dollaro. Se questo si rafforzasse entro la scadenza del titolo più di quanto oggi gli investitori non prevedano e scontino nei maggiori rendimenti richiesti sui bond in dollari, il Tesoro italiano si ritroverebbe a rimborsare un titolo dal valore in euro inferiore alle attese del mercato, avendo più che compensato così il maggiore esborso in termini di rendimenti extra. Per quanto sopra, ci aspettiamo che il collocamento riguardi il tratto a breve della curva, magari una scadenza triennale, ossia un lasso di tempo entro cui l’attuale governo avrebbe modo di beneficiare delle variazioni del cambio, sempre che vadano nella direzione auspicata e attesa. O, al contrario, potrebbe emettere un titolo a lunga scadenza (un altro trentennale?) pagando qualcosa in più come rendimento, ma mettendo a segno di anno in anno variazioni positive per il debito tramite l’effetto cambio.