Lo sciopero generale dimezzato di Landini e Bombardieri svela la debolezza del sindacato italiano

Lo sciopero generale indetto da Cgil e Uil è un atto di debolezza e non di forza per il sindacato italiano. Vediamo perché.
1 anno fa
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Lo sciopero generale di Cgil e Uil è un atto di debolezza del sindacato
Lo sciopero generale di Cgil e Uil è un atto di debolezza del sindacato © Licenza Creative Commons

Sullo sciopero (generale) indetto da Cgil e Uil per questo venerdì è scattata la precettazione del Ministero per le Infrastrutture. Pierpaolo Bombardieri della Uil lo ha definito “un atto di squadrismo politico”, mentre Maurizio Landini della Cgil ha evidenziato come non la precettazione contro uno sciopero generale non fosse mai avvenuta prima nella storia repubblicana. Ma è proprio su tale definizione che si sta vivendo lo scontro tra governo e sindacati. Nei giorni scorsi, la Commissione di Garanzia aveva eccepito che ben 17 categorie siano state escluse dall’astensione dal lavoro, ragione per la quale lo sciopero non può dirsi generale.

Ne consegue che la sua durata vada ridotta rispetto alle otto ore continuative proclamate dai due sindacati e che vada escluso il settore aereo, così come sia da rimodulare l’orario per il corpo dei Vigili del Fuoco e i trasporti pubblici.

Il ministro e vice-premier Matteo Salvini ritiene che le otto ore di sciopero finirebbero per colpire il diritto dei cittadini italiani a recarsi al lavoro. Per questo, ha chiesto la riduzione della durata a quattro ore per il trasporto pubblico e ha firmato la precettazione, istituto previsto dalla legge 146 del 1990 e integrata con modifiche nel 2000.

La debolezza del sindacato italiano

Il sindacato italiano prova a mostrare i muscoli dopo una lunga stagione di sonnolenza. E il governo Meloni non ci sta a passare per essere contrario alle rivendicazioni dei lavoratori. Ribadisce anche in questi giorni di avere destinato tutte le risorse disponibili alle fasce medio-basse dei lavoratori dipendenti tra taglio del cuneo fiscale e rimodulazione dell’Irpef. Lo sciopero generale arriva in un momento di grande difficoltà per le famiglie italiane, alle prese con il problema del carovita. Ed è proprio qui che il sindacato svela tutta la sua debolezza.

Gli stipendi italiani sono notoriamente bassi. Tra il 1990 e il 2020, sono diminuiti in termini reali del 2,9%.

Non è accaduto in nessun altro paese del mondo avanzato. Con la pandemia è andata pure peggio. L’anno scorso, ad esempio, a fronte di un’inflazione all’8,1% la crescita degli stipendi è stata mediamente attorno all’1%. E nei primi nove mesi dell’anno ha accelerato al 2,6% contro un’inflazione acquisita del 5,7%. Questo è il grande fallimento del sindacato italiano, che cerca di rimediare indicendo uno sciopero generale per reclamare adeguamenti retributivi a favore dei dipendenti pubblici, cioè nei confronti di un datore di lavoro meno complicato. E la controparte è perfetta allo scopo: un governo di centro-destra!

Sciopero generale per recuperare credibilità

L’unica strategia di cui appaiono capaci Cgil e Uil consiste nell’attingere alle risorse dei contribuenti. Anche la vicenda del salario minimo dimostra quanto sia debole il sindacato italiano. Consapevole di non riuscire ad ottenere aumenti retributivi a favore dei lavoratori non qualificati, pretende adesso che sia lo stato per legge a fare il mestiere al posto suo. E dire che un tempo proprio i sindacati fossero contrari al salario minimo legale, vedendovi una compressione degli spazi di manovra in fase negoziale.

C’è aria di politicizzazione in questo sciopero generale, che poi così generale non è. Manca il tema vero dello scontro, specie dopo anni in cui il sindacato ha chiuso entrambi gli occhi sull’introduzione della legge Fornero, sui tagli alla sanità, sul “congelamento” degli stipendi pubblici e sul Jobs Act. Il problema dell’inflazione non è certamente da addebitare al governo di turno, mentre questi può rivendicare un tasso di occupazione record e una discesa della disoccupazione, specie tra i giovani. La sensazione è che questo sciopero serva a contarsi, a tornare in piazza dopo un lungo oblio dovuto anch’esso a ragioni prettamente politiche.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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