Mercoledì mattina, la BCE ha convocato a sorpresa una riunione d’emergenza del suo board per discutere sul da farsi circa le tensioni sui mercati finanziari. All’ordine del giorno c’è stata la crisi dello spread in Italia e, in misura assai inferiore, in Spagna e Portogallo. Ufficialmente, l’istituto aveva iniziato a parlare nella serata precedente di “rischio di frammentazione monetaria” per bocca di un suo consigliere esecutivo, la tedesca Isabel Schnabel. Al termine della riunione, ha deciso quanto segue:
- userà la flessibilità prevista dal PEPP in fase di reinvestimento dei bond in scadenza;
- ha dato mandato ai suoi funzionari per studiare un nuovo scudo anti-spread.
I motivi della riunione BCE d’emergenza
A dire il vero, ci si aspettava tutti qualcosa di più.
E allora perché la necessità di una riunione urgente? E’ stato un segnale forte che la BCE ha voluto inviare ai mercati per guadagnare tempo. E’ come se il proprietario di una villetta, vedendo un’ombra che si aggira di notte nel suo giardino di casa, gridasse “fermo o sparo”. In realtà, non ha alcuna arma in mano, ma spera che il ladro si fermi o fugga via impaurito, mentre egli va a prendere la pistola custodita nel comodino accanto al letto.
Il nuovo scudo anti-spread dovrà necessariamente differenziarsi dall’OMT. Quest’ultimo non è mai stato messo in pratica, perché presenta condizioni gravose per i paesi sostenuti.
Scudo anti-spread veramente incondizionato?
Questo significa che il nuovo scudo anti-spread, per risultare efficace, dovrà essere automatico e incondizionato. Ma davvero Francoforte si priverà di uno strumento di pressione politica nei confronti di uno stato fiscalmente disordinato come l’Italia? Se spegnesse lo spread senza condizioni, perché mai gli italiani dovrebbero mettere in ordine i loro conti pubblici? E perché dovrebbero votare “bene”?
E’ possibile che si giunga a una tale soluzione per mezzo del PNRR. Con il Recovery Fund, l’Italia ha ottenuto la promessa di 191,5 miliardi di euro in sei anni tra prestiti e sussidi. Tali erogazioni avverranno dietro la realizzazione di centinaia di micro-riforme, tutte all’insegna delle liberalizzazioni e del sostegno alla crescita nel medio-lungo termine. Dunque, il board di Francoforte potrebbe convincersi che nei fatti l’Italia abbia già firmato un memorandum d’intesa. Resta il fatto che potrebbe non darvi seguito, privandosi dei fondi europei e beneficiando ugualmente dello scudo anti-spread.
Difficile che a Francoforte accettino di aiutarci senza nulla pretendere in cambio. Peraltro, le elezioni politiche sono alle porte e sarebbe un avallo alla deresponsabilizzazione per i partiti già in campagna elettorale. Vero è, però, che la moneta di scambio vi sarebbe certamente sul piano della politica monetaria: sì allo scudo anti-spread da parte del Nord Europa, sì al maxi-rialzo dei tassi d’interesse per battere l’inflazione da parte del Sud Europa. Basterà questo a convincere la Bundesbank ad avallare la svolta storica?