Lorenza Carlassare pronta a lasciare i saggi di Letta. Semipresidenzialismo “aspirazione autoritaria, io non ci sto”

Lorenza Carlassare, costituzionalista di spicco dei 35 saggi nominati da Letta, denuncia il rischio che la Costituzione venga stravolta in senso autoritarista e minaccia di andarsene.
11 anni fa
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Il Presidente del Consiglio Enrico Letta ha nominato i 35 saggi che accompagneranno Governo e Parlamento nella realizzazione delle riforme istituzionali di cui tanto si parla in questi giorni (Letta si affida a 35 saggi per la riforma della Costituzione. Tutti i nomi). Tra questi spicca la costituzionalista Lorenza Carlassare. Spicca non solo per la sua esperienza e competenza, ma anche per alcune dichiarazioni che ha rilasciato di recente a Radio Radicale. Dichiarazioni che preoccupano e che rivelano, forse, la vera faccia del Governo Letta.

I saggi sono stati nominati, secondo la costituzionalista, per realizzare riforme autoritarie, per smantellare quanto di buono e democratico c’è in Costituzione.  

Le intenzioni dei saggi del Governo Letta

“C’è un’idea che può portare alla concentrazione dei poteri in una persona sola, questa è l’aspirazione. A questa aspirazione autoritaria io non ci sto e quindi forse ho sbagliato ad accettare”. Le parole della Carlassare non lasciano adito a fraintendimenti. Stando alla sua opinione, i colleghi protendono verso una idea di semipresidenzialismo alquanto squilibrata, nel quale il potere del presidente non è bilanciato adeguatamente dai poteri del Parlamento o di altri organi istituzionali. Un semipresidenzialismo diverso persino dalla sua versione america, che è poi la versione pura (senza il “semi”), comunque regolata da complessi meccanismi di checks and balances. La Carlassare ha manifestato l’intenzione di portare la sua voce da dissidente in seno al gruppo dei saggi ma anche annunciato che, nel caso – che lei stessa giudica tutt’altro che remoto – non venisse ascoltata non esiterebbe a dimettersi.  

Gruppi dei saggi, riforme: cui prodest?

Il semipresidenzialismo sarebbe una svolta clamorosa per il nostro paese. Non necessariamente una svolta positiva. Anzi, il presupposto che soggiace a questo sistema è la presenza di contappresi adeguati da un lato e di una certa cultura politica (poco partigiana, per superare la distorsione di un Capo di Stato espressione di una parte politica) dall’altro.

Ed entrambi i presupposti, in Italia, mancano. Se il Bel Paese non è preparato al semipresidenzialismo, perché questo tema, specie in un periodi di crisi come questo, è oggi posto in cima all’agenda politica? Visto che non se ne sente il bisogno né dal punto di vista economico né dal punto di vista sociale, la domanda da porsi è: a cosa o a chi serve il semipresidenzialismo? La risposta non può essere che una: a Berlusconi. Il Cavaliere, ad oggi, è l’unico soggetto politico in grado di attrarre consenso “personale” al cospetto dell’elettorato. Berlusconi, con un sistema semipresidenziale, sarebbe eletto Presidente della Repubblica (ci sarebbe anche Renzi, ma è troppo giovane). Se questa interpretazione è giusta, rimane da capire perchè Il Pd stia lavorando per lui.  

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