Chi ci segue su Investire Oggi, sa che siamo contrari alla lotta all’uso del contante. La criminalizzazione del cash è un fenomeno non solo italiano, ma che affonda le sue radici nella natura “vampiristica” degli apparati statali, secondo cui tutto sarebbe loro dovuto e il rispetto delle regole presupporrebbe l’obbligo per tutti i cittadini di dichiarare al fisco ogni euro percepito, non sfuggendo mai all’imposizione, quale che essa sia. Pagare le tasse è un obbligo, che non mettiamo minimamente in dubbio.
Semmai, bisognerebbe chiedersi il perché circa un quinto dell’economia italiana risulti costantemente sommersa, sottraendo al fisco qualche centinaio di miliardi di euro all’anno. Minori entrate solo teoriche, perché qualcuno dovrebbe spiegare ai geniali ragionieri dello stato che parte di quel sommerso non esisterebbe se fosse tassato, per cui il mancato gettito effettivo risulterebbe presumibilmente di molto inferiore alle stime alla carlona di questi anni.
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La lotta al contante è una crociata ideologica camuffata da scopi nobili, come la lotta alla criminalità organizzata, alla corruzione, al lavoro nero e all’evasione fiscale. Tutto bene, se non fosse uno specchietto per le allodole. Sapete che c’è? Se accompagnassimo un piano serio di lotta al contante all’imposizione di tre condizioni chiave, probabile che gli stessi fautori della guerra al cash si tirerebbero indietro o sarebbero in grosse difficoltà nel mascherare la loro crociata ideologica. Quali sarebbero le condizioni da pretendere per una lotta al contante “disinteressata” rispetto a ragioni diverse da quelle sopra citate?
Tetto vincolante alle tasse
Per prima cosa, dovremmo inserire in Costituzione il divieto per lo stato di aumentare le tasse sopra un certo livello del pil. Si potrebbe imporre un tetto del 40%, certamente non basso e nemmeno elevatissimo per la recente storia italiana.
Oltre tutto, prevedere in Costituzione un tetto massimo alle tasse renderebbe più equo e concreto il pareggio di bilancio, introdotto nel 2012 con la modifica all’art.81 e rimasto sinora lettera morta, così come la stragrande maggioranza dei 139 articoli della nostra Carta. Secondariamente, bisognerebbe impegnarsi in maniera credibile a evitare misure come il prelievo forzoso. Semplice: se devo utilizzare per forza un conto in banca e tenere lì i miei soldi per effettuare i pagamenti, lo stato non potrà tradirmi come nel luglio di 27 anni fa con una stangata retroattiva sulle giacenze, che odorerebbe di furto. La ratio sarebbe la seguente: “tu mi obblighi a passare tramite le banche per effettuare pagamenti, ma non potrai mai tassarmi la liquidità depositata sui conti con un prelievo forzoso”.
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Infine, mai tassi negativi. Con la crisi finanziaria mondiale del 2008, le banche centrali sono entrate in acque prima inesplorate, tra l’altro introducendo tassi negativi a carico della liquidità in eccesso delle banche. Queste non hanno potuto trasferire il costo ai clienti, altrimenti metterebbero in fuga i loro depositi. Ma se il conto in banca risultasse vitale per anche solo comprare la frutta al supermercato, nessuno potrebbe verosimilmente sfuggire ai tassi negativi e si dovrebbe rassegnare a vedersi nei fatti stangato dal proprio istituto, a sua volta stangato dalla banca centrale per scopi di politica monetaria non sempre immediatamente comprensibili.
Tetto alla pressione fiscale, divieto di prelievo forzoso e tassi negativi. A queste condizioni, la lotta al contante sarebbe un po’ meno inaccettabile, per quanto resterebbe di natura ideologica. Volete vedere che nessun politico se la sentirebbe di firmare un simile manifesto, vedendo sfumare le reali ragioni occulte che stanno dietro a questa campagna insistente contro l’uso del cash?
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