Il concordato preventivo biennale è stato approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri e resta in attesa di essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale per diventare legge. E già il governo ci tiene a segnalare subito che il provvedimento non costituisca un cedimento sul fronte della lotta all’evasione fiscale. Il vice-ministro dell’Economia, Maurizio Leo, ha paragonato questo fenomeno niente di meno che al “terrorismo”, notando che in ballo vi siano 80-100 miliardi di euro all’anno di mancato gettito stimato. Colloqui sono già in corso con il Garante della Privacy per far uso del cosiddetto “data scraping” sui social media, al fine di stanare coloro che non pagano le imposte allo stato.
Cos’è il concordato preventivo biennale
Torniamo un attimo al concordato preventivo biennale. Vi risparmiamo i dettagli tecnici su requisiti e procedura. Ci limitiamo a spiegarne a grandi linee il contenuto. Consiste in una proposta inviata dall’Agenzia delle Entrate a tutte le partite IVA che applicano gli Isa, Indicatori sintetici di affidabilità, sulla base degli ultimi dati a sua disposizione riguardo al fatturato. I contribuenti s’impegnerebbero a dichiarare quanto concordato per due anni, conoscendo in anticipo le imposte che dovranno versare al fisco. Pur essendo ugualmente tenuti a tenere le ordinarie scritture contabili, il fatturato effettivo dichiarato non rileverà ai fini delle imposte né al rialzo, né al ribasso.
In altre parole, partite iva e stato possono pattuire un biennio di “tregua” durante il quale le prime s’impegnano a versare un dato ammontare di imposte e il secondo a sospendere i controlli. Sono esclusi coloro che posseggono debiti tributari, fatta eccezione per quelli già in corso di rateizzazione. La norma è stata aspramente criticata dalle opposizioni, secondo cui sarebbe un assist all’evasione fiscale. Le ultime dichiarazioni del governo cercano di fornire un’immagine diversa, più rigorosa contro i contribuenti infedeli.
Lotta all’evasione fiscale con il “data scraping”
Leo ha dichiarato che le partite iva che non aderiranno al concordato preventivo biennale saranno inserite in “liste selettive”. In altre parole, scatteranno controlli mirati ad accertare che non stiano sotto-dichiarando i redditi. A tale fine, ha aggiunto, imprenditori e liberi professionisti saranno monitorati anche sui social. L’amministrazione finanziaria vorrà accertare la coerenza tra gli stili di vita ostentati e quelli risultanti in base alle dichiarazioni fiscali. Il ricorso al “data scraping” servirà proprio per stanare l’evasione fiscale.
Di cosa si tratta? Per “data scraping” s’intende un’attività di estrazione di dati forniti da un altro software. Quando navighiamo sul web, volenti o nolenti rilasciamo quotidianamente una quantità impressionante di informazioni, note anche come “Big data” e che si sono rivelate preziose per il business di giganti mondiali come Google, Amazon, Apple, ecc. I social media sono al centro di questo “traffico” di dati, non sempre del tutto trasparente e legale. Gli utenti vi postano immagini, commenti, informazioni personali di ogni natura e spesso sensibili. Attraverso il “data scraping” è possibile profilarli uno per uno e ottenerne un quadro approssimativo del tenore di vita.
Social indiziari del tenore di vita
Il fisco italiano, che già in passato ha utilizzato i social per reperire qualche prova a sostegno della propria tesi contro l’infedeltà dei contribuenti, starebbe per compiere il salto di qualità e di quantità. L’uso sistematico della profilazione degli utenti fornirebbe molte informazioni utili per perseguire l’evasione fiscale. Attenzione, nessuno pensi che basti una foto con il mojito in mano su una barca per essere catalogati come evasori. Né si pensi che il “data scraping” da solo possa costituire prova provata della disonestà di un contribuente. Esso servirà a corroborare un quadro indiziario presumibilmente già chiaro.
Tanto per farvi un esempio, se posto tutto l’anno foto di miei spostamenti in giro per il mondo e poi dichiaro al fisco un reddito di 15.000 euro lordi, qualcosa non quadra. O compio frequenti trasferte di lavoro quasi gratis o non la racconto giusta. Il contribuente-utente sarà chiamato a fornire spiegazioni sulle contestazioni dell’Agenzia delle Entrate. Se risulteranno poco credibili, scatteranno sanzioni e interessi, oltre al recupero delle somme stimate non versate.
Profilazione involontaria potente per il fisco
Resta da vedere quali dati possano essere attinti attraverso il “data scraping”. Dicevamo che molti vengono rilasciati anche involontariamente da tutti noi utenti e non soltanto sui social media. Pensate alla geolocalizzazione degli smartphone, che consente di registrare i nostri movimenti. Avete presente quando siete da poco usciti da un bar, un ristorante, un centro commerciale o altra attività e vi compare un messaggio con il quale siete invitati a votare la vostra esperienza in termini di gradimento? Ecco uno dei tantissimi esempi di profilazione involontaria.
Lo stato avrà accesso anche a questo genere di informazioni per contrastare l’evasione fiscale? Stando all’interlocuzione con il Garante per la Privacy, si direbbe proprio di no. Ma l’occasione fa l’uomo ladro. Le vere informazioni “potenti” non sono quelle che volontariamente forniamo con le nostre dita. Chi non paga le tasse, ha la coscienza poco pulita per immaginare di postare immagini del suo effettivo tenore di vita. A maggior ragione se è consapevole che d’ora in avanti quei dati gli si potranno ritorcere contro. Diverso il caso di chi si reca al ristorante più volte a settimana, fa shopping di un certo livello, viaggia di città in città o di stato in stato. Quei movimenti sono registrati, anche dai dispositivi elettronici altrui, per cui risultano molto più sinceri e interessanti agli occhi del fisco.
Evasione fiscale con l’IA
Nell’era dell’Intelligenza Artificiale sarebbe ingenuo credere che la tecnologia non sia usata dai governi per scopi formalmente ineccepibili come la lotta all’evasione fiscale.