La stampa italiana non ha dato il benché minimo spazio alla vera, grande notizia economica degli ultimi dieci giorni, che riguarda un’economia emergente apparentemente lontana: l’India. Il governo Modi ha dichiarato fuori corso legale, l’8 novembre scorso, lo stesso giorno delle elezioni USA, le banconote dal taglio più elevato, quelle da 500 e 1.000 rupie (6,50 e 13 euro). L’obietto della misura è di contrastare l’ampia economia sommersa nel paese, dove appena il 3% delle famiglie compila ogni anno la dichiarazione dei redditi e l’1% paga le tasse.
Nuova Delhi ha dato tempo fino al prossimo 24 novembre per scambiare in banca le banconote ormai fuori corso con altre di nuova emissione o con tagli più piccoli. Gli indiani potranno ritirare ogni giorno dagli ATM o allo sportello fino a un massimo di 4.500 rupie, limite abbassato a 2.000 rupie dall’altro ieri, per rendere più diffusa l’erogazione di liquidità. (Leggi anche: Lotta al contante, pericoloso imitare la misura dell’India)
Economia indiana in affanno con lotta al contante
Le banconote da 500 e 1.000 rupie rappresentano l’86% del totale del contante circolante, ammontando a un controvalore di 44 miliardi di dollari, quasi un quarto del cash complessivo indiano. Nel sub-continente asiatico, abitato da ben 1,2 miliardi di persone, le carte di credito emesse sono appena 25,9 milioni e gli ATM 697 milioni. Le transazioni cash rappresentano il 78% del totale, per cui l’impatto di questa “demonetizzazione” forzata rischia di andare oltre gli ingenti disagi, che da giorni centinaia di milioni di indiani subiscono.
I commercianti sono esasperati dal crollo delle vendite, conseguenza dell’insufficienza di contante tra i consumatori. Le stesse imprese lamentano di non potere procedere con la produzione ordinaria, non avendo liquidità sufficiente per acquistare le materie prime. I produttori di grano, ad esempio, spiegano come non abbiano abbastanza cash per la semina in questa settimana e avvertono che i risultati di questo caos potrebbero vedersi tra sei mesi.