“L’uccello è libero”. Così ha scritto su Twitter l’uomo più ricco sulla Terra, Elon Musk. Il cinguettio conferma l’acquisizione del social di microblogging dopo mesi di tira e molla con la ormai vecchia dirigenza. Mercoledì, il tycoon a capo del colosso automobilistico Tesla si era presentato negli uffici della società con un lavandino in mano. Ennesima stramberia di un uomo strambo per sua natura. Lavandino in inglese si dice “sink”, che è anche il termine per “investire, “affondare”, ecc.
Musk butta fuori i vecchi dirigenti
Tutto inizia nel mese di gennaio, quando Musk acquista le prime azioni Twitter. Già a marzo rivela di detenere il 5% del capitale. Ad aprile, il CDA del social accetta la sua offerta: 54,20 dollari per ciascuna azione portata in adesione. Sembrava fatta e, invece, stiamo parlando di Musk. Il magnate si rimangia la parola, sostenendo che vi sarebbero troppi profili fake, ben più di quelli dichiarati dalla società. Paventa la mancata acquisizione. A quel punto, i dirigenti di Twitter minacciano di trascinarlo in trubunale.
Si arriva tra tira e molla agli inizi di ottobre, quando un giudice di Delaware stabilisce che Musk ha tempo fino a giorno 28 (venerdì scorso) per comprare Twitter, altrimenti la causa legale avrà inizio. E così l’offerta dei 54,20 dollari è confermata. Ma pensate che giovedì, cioè alla vigilia della deadline, ancora il titolo quotava al NASDAQ a 53,70 dollari, segno che non tutti sul mercato credevano all’operazione da 44 miliardi di dollari. Tanto gli costerà rilevare fino a tutto il capitale rimanente. Denaro, in gran parte preso in prestito dalle banche.
Il primo atto dell’era Musk? Anzitutto, si è autonominato “Chief Twit” e immediatamente ha licenziato in tronco la dirigenza: fuori il CEO Parag Agrawal, il direttore finanziario Ned Segal, la chiacchieratissima responsabile della policy Vijaya Gadde e il capo dell’ufficio legale Sean Edgett.
Riattivato account di Trump?
La polemica verte tutta attorno alla moderazione dei contenuti. Il magnate ha giustificato l’acquisizione con la necessità di aumentare la libertà di parola nel mondo. Ora, è evidente che si tratti di un modo per ammantare un’operazione finanziaria di una buona causa. Ma è vero che il nuovo proprietario di Twitter punta a tutelare maggiormente la libertà di espressione degli utenti. Ha definito inaccettabile la cancellazione dell’account di Donald Trump, ex presidente degli Stati Uniti. Ha promesso di riattivarlo non appena avrebbe preso possesso della società.
Soprattutto negli Stati Uniti esiste una fortissima polemica da anni sulla presunta censura operata dai dirigenti di Twitter ai danni di esponenti di destra e semplici utenti di vedute conservatrici. La vecchia dirigenza ha sempre negato, ma secondo Musk esisterebbe un bias nell’algoritmo usato per moderare i contenuti. D’altra parte gli inserzionisti pubblicitari temono che adesso il social possa diventare valvola di sfogo degli utenti inclini all’uso della violenza verbale e degli “hate speech”. Musk ha rassicurato, tuttavia, che per libertà di espressione non intende “un inferno in cui ognuno possa dire ciò che vuole”.
Pubblicitari e progressisti preoccupati
Dubbi serpeggiano anche sulla sua capacità di gestire una società dei media, business del tutto nuovo per il tycoon. E sarà capace di resistere alla tentazione di twittare contenuti inopportuni? Qualche settimana fa, fece arrabbiare l’Ucraina di Volodymyr Zelensky quando ha lanciato sulla piattaforma un sondaggio per chiedere agli utenti cosa pensino si debba fare delle regioni russofone e la Crimea.
Il personaggio è fuori dalle righe, da sempre. Certo è che la sua nuova avventura gli sta attirando gli strali di buona parte del mondo politico americano e non. L’amministrazione Biden nei giorni scorsi era arrivata a valutare il blocco dell’acquisizione per ragioni di sicurezza nazionale. Non sfugga il fatto che la scalata sia stata completata a ridosso delle elezioni di medio termine. Gli ultimi giorni di campagna elettorale potrebbero riservarci sorprese scoppiettanti a colpi di tweet. Musk non vede forse l’ora di imprimere il suo sigillo al nuovo corso.