Novità dirompenti sono arrivati dal board BCE ieri e a sorpresa. Nel tentativo di sostenere la liquidità nell’Eurozona, attraverso i prestiti a imprese e famiglie del canale bancario, l’istituto ha assunto decisioni a dir poco “storiche” per la sua esistenza poco più che ventennale. Per prima cosa, ha accettato i titoli di stato della Grecia come collaterale di garanzia, rinunciando alla clausola per cui solo i bond con rating “investment grade” siano ammessi. E già questa sarebbe di per sé una notizia eclatante, se pensate che negli anni scorsi le banche elleniche finirono con l’essere tagliate fuori dal circuito dei finanziamenti BCE, in quanto detentrici di titoli non accettati come garanzia.
La BCE ha fatto incetta di BTp con il PEPP, ma per l’Italia non è solo una buona notizia
In generale, poi, è stata decisa una riduzione del cosiddetto “haircut” proporzionale per tutti i bond del 20%. Fermiamoci un attimo. Funziona che le banche commerciali ricevono prestiti dalla BCE, la quale glieli eroga dietro il deposito di garanzie, come sarebbero i crediti detenuti dalle banche richiedenti stesse. Tuttavia, ai fini della garanzia non tutti questi crediti sono valutati uguali. Quelli in forma di obbligazioni di stato e corporate giudicate dalle agenzie di valutazione internazionali vengono classificati sulla base dei rating. Più questi sono alti, maggiore la copertura dei prestiti per i quali vengono esibiti come collaterale di garanzia. Man mano che il rating si abbassa, il bond viene considerato sempre meno solido per garantire il prestito, ossia subisce un “taglio” ai fini della valutazione.
Per essere espliciti, se chiedo alla BCE liquidità per 1 milione di euro, dovrò garantirla o collaterizzarla con un quantitativo inferiore di Bund rispetto a BTp, in quanto i primi sono considerati più sicuri dei secondi. Con la mossa di ieri, Francoforte ha formalmente mantenuto un rapporto di proporzionalità tra i titoli di stato e corporate, ma nei fatti sosterrà proprio quelli di qualità più bassa, visto che le banche dovranno preoccuparsi un po’ meno della loro affidabilità creditizia e magari sono state così dissuase dal venderli per fare spazio ai bond “high grade”.
Cosa significa per i BTp
Proseguendo nelle misure, Francoforte ieri ha altresì ampliato il catalogo delle obbligazioni accettate dall’Eurosistema come garanzia, affidando alle 19 banche centrali nazionali il compito di individuare quali altri inserirvi. E ancora, passa dal 2,5% al 10% la quota massima di debito “unsecured”, cioè non garantito, emesso da una banca e che può essere inserito in un collaterale di garanzia per richiedere finanziamenti. Ridotto proporzionalmente il 20% anche l’haircut relativo ai crediti delle banche non soggetti a valutazione da parte delle agenzie.
Qual è il senso di queste misure? Far sì che le banche non si preoccupino della qualità dei loro attivi in fase di richiesta di liquidità alla BCE. Questo dovrebbe spingerle a non tagliare i finanziamenti alle imprese di minori dimensioni e/o quelle con solidità finanziaria più bassa, né agli stati più in difficoltà sul piano fiscale. Con la rinuncia alla clausola sul rating IG per i bond greci, poi, il messaggio dell’Eurotower ai sistemi bancari dell’area è stato chiarissimo: non preoccupatevi se qualche debito pubblico verrà declassato a “junk”, perché ciò non comporterà la sua automatica esclusione dalla lista dei bond accettati come collaterale.
I rendimenti dei BTp saliranno ancora o basterà il super QE della BCE a tenerli bassi?
Per i BTp, una buona e una potenziale brutta notizia allo stesso tempo. Di certo, le banche avranno minori difficoltà a finanziare il Tesoro in questa fase di difficilissima ricerca di centinaia di miliardi di euro per coprire l’altissimo disavanzo atteso dei conti pubblici e per ripagare i debiti in scadenza.