Macron ha torto: Taiwan è un problema anche dell’Europa o rischiamo di perdere la sfida della globalizzazione

Le dichiarazioni del presidente francese Emmanuel Macron su Taiwan sono gravissime per le conseguenze che possono avere sull'Europa.
2 anni fa
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Su Taiwan Macron ha torto

Le dichiarazioni rese alla stampa dal presidente francese Emmanuel Macron in Cina su Taiwan continuano ad alimentare polemiche, a fare scalpore e a creare tensioni in Occidente. L’inquilino dell’Eliseo ha spiegato che i problemi dell’isola non siano un affare europeo, che il nostro continente non deve essere “vassallo” degli Stati Uniti e, quindi, non è tenuto a sposarne le battaglie nel caso di divergenza tra interessi. La minaccia militare della Cina attorno a Taiwan si sta facendo ogni giorno più seria.

Che il terzo mandato del presidente Xi Jinping sarebbe stato all’insegna della volontà di riunificazione con le buone e le cattive, lo si era intuito. Ma le parole di Macron hanno accelerato le mosse di Pechino.

Taiwan importante per Occidente

Il contenuto del discorso del capo di stato francese è il seguente: l’isola di Taiwan non è una priorità geopolitica dell’Europa, per cui la Cina non dovrebbe occuparla militarmente, ma se accadesse, ci faremmo i fatti nostri. Il guaio è che la premessa iniziale si mostra errata. Situata ad appena 180 km dalle coste orientali della Cina – pressappoco la stessa distanza tra Rimini e Reggio-Emilia – Taiwan è un’isola di quasi 24 milioni di abitanti. Insomma, il classico caso di Davide contro Golia. Tuttavia, le piccole dimensioni non devono trarre in inganno. Qui, si producono i due terzi dei semiconduttori nel mondo e il 90% dei chip tecnologicamente più avanzati. Taiwan Semiconductor Manifacturing Company è la realtà più grande al mondo nella produzione di semiconduttori. Qui, vanno a fare tirocinio persino i migliori ingegneri americani.

Dopo anni di pressioni e corteggiamento, la società è stata convinta dagli Stati Uniti a creare un laboratorio in Arizona, investendo 50 miliardi di dollari. Obiettivo del governo americano è di allentare la dipendenza dalle importazioni di chip. L’operazione non è stata accolta favorevolmente da tutti i politici dell’isola.

L’opposizione del cosiddetto Kuomintang lamenta che, così facendo, Taipei seghi l’albero su cui siede. Infatti, se l’alleato americano non avesse più bisogno dell’isola, finirebbe per non difenderla più dalle minacce cinesi, è il ragionamento. Le parole di Macron rischiano di consolidare questo pensiero e di indurre Taiwan non solo a sospendere ogni investimento negli Stati Uniti, ma anche di usare semiconduttori e chip come arma negoziale con l’Europa.

Rischio monopolio cinese su materie prime

Chi mette le mani su questi asset, controllerà l’economia mondiale dei prossimi decenni e vincerà la sfida della globalizzazione. Nulla è più possibile produrre senza chip: dai telefonini ad ogni altro dispositivo elettronico, dalle auto a benzina a quelle elettriche, dai robot usati per l’Intelligenza Artificiale alle armi. Quando Macron afferma che Taiwan non è affare nostro, probabilmente pecca di estrema ignoranza. Se la Cina riuscisse a conquistare l’isola, il suo strapotere sia geopolitico che economico diverrebbe difficilmente contenibile. Già Pechino detiene gran parte delle materie prime necessarie a vecchie e nuove produzioni. Le terre rare, ad esempio, si rivelano indispensabili per la transizione ecologica. Senza, non si potrebbero produrre le batterie delle auto elettriche o i pannelli fotovoltaici.

O Macron acconsente a fare della Cina il monopolista delle materie prime o non ha capito cosa vi sia in gioco con Taiwan. E’ vero, gli Stati Uniti nella partita della corsa ai chip sta facendo da sé. Ma è dell’Europa la responsabilità di non fare altrettanto per sé stessa. E, soprattutto, dovendo scegliere, è sempre meglio dipendere da una potenza alleata e con cui si condividono valori e stili di vita, anziché da una nemica sul piano geopolitico e con un modello economico di stampo semi-socialista.

Non vi pare sospetto che Xi stia improvvisamente intensificando i suoi sforzi per giungere alla riunificazione delle due Cine? Il presidente cinese ha capito che l’era del boom economico è alle spalle anche per la Repubblica Popolare e che, d’ora in avanti, il rischio principale per essa sia la fine della globalizzazione come l’abbiamo conosciuta negli ultimi decenni.

L’unico modo per consentire all’economia cinese di continuare ad avanzare sarebbe compiere quel salto tecnologico che ancora le manca per colmare il gap con l’Occidente. E conquistare Taiwan lo renderebbe possibile. A quel punto, Pechino deciderebbe le sorti del resto del mondo, farebbe il bello e il cattivo tempo grazie alle materie prime di cui dispone e la cui carenza dell’offerta in questi anni di pandemia ne ha evidenziato importanza e dipendenza in tutto il mondo avanzato.

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Giuseppe Timpone

In InvestireOggi.it dal 2011 cura le sezioni Economia e Obbligazioni. Laureato in Economia Politica, parla fluentemente tedesco, inglese e francese, con evidenti vantaggi per l'accesso alle fonti di stampa estera in modo veloce e diretto. Da sempre appassionato di economia, macroeconomia e finanza ha avviato da anni contatti per lo scambio di informazioni con economisti e traders in Italia e all’estero.
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