Nicolas Maduro si è autoproclamato vincitore delle elezioni presidenziali nel Venezuela, quando lo scrutinio delle schede era stato completato all’80%. Il presidente uscente avrebbe ottenuto il 51% contro il 44,2% dello sfidante Edmundo Gonzalez Urrutia. Esattamente un milione di voti separerebbero i due candidati, anche se le opposizioni denunciano brogli diffusi e si proclamano a loro volta i veri vincitori con percentuali che sarebbero intorno al 70%. L’affluenza ai seggi si sarebbe fermata al 59%, pur superiore al 49% del 2018. La Comunità internazionale esprime scetticismo sull’esito del voto.
Possibili nuove sanzioni dopo brogli
Per il mercato del petrolio si tratta di una cattiva notizia. Il Venezuela è primo detentore di riserve di idrocarburi, sebbene riesca a stento ad estrarli per la carenza di risorse finanziarie e tecnologiche a disposizione. Dall’ottobre dello scorso anno gli Stati Uniti hanno allentato le sanzioni contro Caracas, ma confidando in un processo democratico trasparente per le elezioni tenutesi ieri. Invece, dopo che la principale leader dell’opposizione, Maria Corina Machado, è stata esclusa come candidata, i brogli sembrano esserci stati ancora una volta. Probabile che nei prossimi mesi, specie dopo le elezioni di novembre, la Casa Bianca reagisca con il ripristino delle sanzioni. Esse inibiscono le partnership tra società americane e la compagnia statale venezuelana PDVSA vietano l’accesso ai dollari e colpiscono le esportazioni stesse.
Ripercussioni su mercato del petrolio
E’ probabile che la reazione di Washington dipenda anche dal vincitore delle presidenziali. Donald Trump assumerebbe una posizione più virulenta, mentre Kamala Harris si mostrerebbe probabilmente in scia alla linea più “morbida” dell’amministrazione Biden. Il primo confiderebbe su un aumento atteso dell’offerta globale, che impatterebbe al ribasso sulle quotazioni. Gli investitori credono, infatti, che una seconda amministrazione Trump spronerebbe le trivellazioni negli Stati Uniti e riallaccerebbe le relazioni diplomatiche con l’Arabia Saudita.
Maduro è al potere dal 2013, anno in cui succedette al defunto Hugo Chavez. L’economia è andata a rotoli sotto la sua presidenza, attraversando un crollo verticale di produzione, esportazioni, riserve valutarie ed estrazioni petrolifere. Pur in risalita, queste ultime valgono poco più di un terzo rispetto ai livelli pre-Maduro. Un disastro che provocò un’ondata di iperinflazione devastante con annesso annullamento del potere di acquisto delle famiglie e del tasso di cambio. E da quasi sette anni il paese andino è in default.
Maduro a capo di regime comunista
Il regime di Maduro si nutre dell’ideologia comunista che lo accomuna a Cuba, Honduras, Bolivia e Nicaragua. Guarda caso, si tratta degli unici stati che hanno subito riconosciuto l’esito delle elezioni di ieri. Il Partito Socialista Unito del Venezuela non ha alcuna intenzione di cedere il potere pacificamente. I risultati del voto erano scontati. Il “chavismo” non ammette sconfitta.