Si chiama “Black Empowerment”, traducibile in italiano come “conferimento dei poteri ai neri”, la legge appena entrata in vigore nello Zimbabwe, approvata già nel lontano 2008 dal governo del presidente Robert Mugabe. Le società straniere, che non si adeguano alla nuova norma, saranno chiuse a partire dall’1 aprile prossimo. L’avvertimento è arrivato dal ministro per l’Indigenizzazione, Patrick Zhuwao, nipote di Mugabe. Di cosa si tratta? Le società con capitale a maggioranza in mani straniere devono cedere almeno il 51% delle azioni a cittadini dello Zimbabwe di pelle nera, altrimenti non potranno più operare nel paese africano.
Proprietari terrieri bianchi espropriati
Dal canto suo, il governo locale ha assicurato sia l’istituto di Washington che altre istituzioni internazionali di essere in grado di rimborsare loro entro giugno una scadenza da 1,8 miliardi di dollari. Quella sul trasferimento coatto di azioni dai bianchi ai neri è solo una delle iniziative legislative portate avanti da Mugabe sin dagli inizi del Millennio, con lo scopo, spiega, di risarcire la popolazione indigena dello sfruttamento coloniale subito nei decenni precedenti. Nel 2000, il paese espropriò circa 5.000 possidenti terrieri bianchi e oltre una dozzina di questi fu uccisa, cedendo i loro appezzamenti alla popolazione nera, che priva di mezzi e di conoscenze adeguate sulle tecniche di coltivazione e di raccolta non è stata in grado di mantenere gli stessi livelli produttivi, con la conseguenza di decimare i raccolti e fare esplodere negli anni un’inflazione senza limiti, arrivata nel 2009 a 230 milioni per cento! La crisi dell’economia è evidente a tutt’oggi, considerando che il pil si regge sulle rimesse degli emigranti.