Maltrattamenti domestici: quando la violenza familiare è reato

Quando si configura il reato di maltrattamenti in famiglia? Ecco in quali casi si commette il reato.
8 anni fa
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Una recente sentenza del Tribunale di Ivrea, la numero 714 del 3 giugno 2016, ha chiarito che il reato di maltrattamenti in famiglia non insorge con un singolo episodio ma necessita di una condotta ripetuta nel tempo.

Il singolo episodio di violenza tra le mura domestiche può sfociare in un reato più lieve, quello di violenza privata mentre per esserci il reato di maltrattamenti in famiglia c’è bisogno che gli atti lesivi nei confronti della vittima vadano a limitare la sua libertà e il suo decoro o insorgano atti di disprezzo ed umiliazione.

Violenza domestica: quando è reato

Non  basta, quindi, il singolo episodio per commettere un reato di maltrattamento in famiglia. Neanche litigi tra marito e moglie che a volte possono degenerare nella violenza fisica possono giustificare tale reato che scatta, invece, quando la sopraffazione è sistematica e continua.

Maltrattare un membro della propria famiglia porta alla reclusione da 1 a 5 anni secondo il codice penale. Ma se dal maltrattamento derivano lesioni personali la reclusione sale da 4 a 8 ani mentre, in caso di lesioni gravissime la reclusione è da 7 a 15 anni. Se dai maltrattamenti risulta la morte della vittima è prevista una reclusione da 12 a 20 anni.

Reato di maltrattamento in famiglia

Non serve la violenza fisica per commetterlo, o almeno non solo quella fisica porta a commettere tale reato. Le sofferenze della vittima, infatti, possono essere sia di tipo fisico che di tipo morale. Nell’atteggiamento del colpevole deve esserci l’intenzione di sopraffare la vittima e può essere realizzato anche in più atti che, in qualche modo, devono essere interconnessi tra loro. Non sono necessari danni alla vittima poichè il reato si caratterizza sulla sussistenza di episodi reiterati nel tempo, e proprio per questo acquistano rilevanza penale.

Quindi non serve che alla vittima siano inferte percosse, minacce o ingiurie, anche gli atti denigratori, umilianti e di scherno possono portare a sofferenze morali tali da portare il colpevole ad incorrere nel reato di maltrattamenti in famiglia.

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