Numerosi sono i bonus, nelle forma di contributi diretti o di sconti sull’acquisto, che il legislatore riconosce a cittadini ed imprese.
Dai contributi a fondo perduto, agli incentivi per l’avvio di nuove attività d’impresa. Dagli aiuti di sostegno alla povertà (esempio ne è il reddito di cittadinanza) a contributi per mitigare gli effetti di un periodo di crisi economica del Paese. Si pensi, ad esempio, al bonus psicologo, al bonus trasporti, al bonus cultura 500 euro, ecc.
Sono aiuti che devono essere finalizzati ad uno specifico scopo.
Un soggetto che usa gli aiuti statali per scopi diversi da quelli a cui sono destinati, si rende colpevole di reato. Più precisamente si parla di “Malversazione a danno dello Stato”.
Quando c’è malversazione ai danni dello Stato
Il reato di “Malversazione” a danno dello Stato è espressamente sancito dall’art. 316 bis del codice penale. Questo tipo di reato lo commette:
chiunque, estraneo alla pubblica amministrazione, avendo ottenuto dallo Stato o da altro ente pubblico o dalle Comunità europee contributi, sovvenzioni o finanziamenti destinati a favorire iniziative dirette alla realizzazione di opere od allo svolgimento di attività di pubblico interesse, non li destina alle predette finalità.
Inoltre secondo l’orientamento della giurisprudenza, il delitto di malversazione ai danni dello Stato è reato istantaneo e non permanente, che si consuma nel momento in cui le sovvenzioni, i finanziamenti o i contributi pubblici vengono distratti dalla destinazione per cui erano stati erogati.
Dunque, si rende colpevole di malversazione, ad esempio, chi chiede il contributo “Resto al sud” finalizzato ad incentivare l’avvio di nuove attività ne Mezzogiorno e poi utilizza i soldi ricevuto per scopi personali.
Oppure chi, ad esempio, si accorda con il venditore per prendere soldi in cambio del bonus cultura 500 euro.
Cosa si rischia per il reato
Il reato di malversazione è da distinguere da quello di peculato. Quest’ultimo reato, infatti, si configura nei confronti di coloro che ricoprono cariche nell’ambito della PA. Mentre, la malversazione si configura in capo a soggetti diversi da questi e destinatari di aiuti statali, comunali, provinciali e regionali.
C’è peculato, ad esempio, in capo al funzionario dell’Agenzia delle Entrate che si impossessa dei soldi pubblici che gestisce.
Il reato di malversazione non resta impunito. Chi lo commette, oltre a dover restituire i soldi di cui “indebitamente” ha goduto, rischia anche il carcere. Infatti, secondo lo stesso art. 316 bis del codice penale chi si rende colpevole di malversazione è punito con la reclusione da 6 mesi a 4 anni.