Sulle pensioni si continuano a commettere sbagli. Ogni volta che si va a toccare questo tasto nel tentativo di migliorare l’assetto previdenziale italiano si commettono errori che ne peggiorano la struttura. Col risultato che le cose, anziché migliorare, peggiorano.
In meno di tre mesi il Governo di destra Meloni ha fatto quello che la sinistra non è riuscita (o forse non ha voluto) fare in dieci anni. Cioè togliere a chi ha per dare a chi non ha e, spesso, non si merita.
La Manovra sulle pensioni
A parte i tagli alle uscite anticipate di cui abbiamo ampiamente parlato, sulla rivalutazione delle pensioni il Governo Meloni sta giocando male le sue carte. Con un colpo di spugna vuole cancellare le 3 fasce di perequazione automatica ripristinate da Draghi per introdurne altre 6 che tagliano di netto la rivalutazione a chi prenderà più di 2.800 euro al mese (1.800 euro netti) dal prossimo anno.
Sopra questa cifra, secondo lo schema recentemente approvato con la legge di bilancio, la rivalutazione del 7,3% prevista per il 2023 è quasi dimezzata. Cioè diventa del 3,87%. E più si sale con gli importi, minore sarà l’incremento. Per arrivare al 2,33% sopra i 5.640 euro lordi al mese.
L’intervento è stato fatto passare come una misura adottata nel senso di maggiore equità sociale e di giustizia. Ma di giusto non c’è proprio niente in questo, perché si va a negare un sacrosanto diritto costituzionalmente garantito. A quel punto sarebbe stato meglio ripristinare il contributo di solidarietà per i pensionati più benestanti e facoltosi.
Ma perché vi diciamo questo? Ebbene, come spiega Alberto Brambilla, presidente di Itinerari Previdenziali, questa Manovra rappresenta una vera “punizione”, uno schiaffo al merito e una perdita netta di soldi per i pensionati con assegni più alti, che sono quelli che hanno pagato di più in termini di tasse e contributi.
La classe media paga il conto dell’inflazione
In buona sostanza, se si moltiplica la perdita di denaro per gli anni a venire e poi sulla cifra rivalutata (meglio dire “svalutata” a questo punto) si calcoleranno le future perequazioni, si può ben immaginare quanto perderanno i pensionati in termini di potere di acquisto nel tempo. E non stiamo parlando di ricchi rentier, ma di classe media.
Ci hanno anche detto che è una questione di soldi, di spesa eccessiva per le pensioni nel 2023. Ma non è così. Possibile che un Paese che spende miliardi per salvare banche e banchieri falliti (vedi Banca Mps) non abbia i soldi per garantire le pensioni dei propri cittadini? E poi ci indigniamo se i pensionati italiani si trasferiscono a vivere in Portogallo o in Tunisia?
C’è poi il rovescio della medaglia rappresentato dall’innalzamento delle pensioni minime a 600 euro per gli over 75. Un ridistribuzione di denaro sbagliatissima, indirizzata a persone che, benché debbano essere aiutate, non maturano per merito un incremento del 142% dell’assegno mensile. Anche perché si tratta di interventi pubblici di natura assistenziale che pesano sulla fiscalità generale.