Sull’obbligo di mantenimento dei figli la Corte di Cassazione è intervenuta invertendo la rotta, almeno così sembrerebbe (per l’orientamento dominante precedente leggi qui). Pensi che essere mantenuti fino a 30 anni sia da bamboccioni? Sembrano pensarla così i giudici che con la sentenza 17183 hanno invece riconosciuto l’obbligo dei figli di cercare lavoro dopo gli studi. Niente più scuse.
Non si può aspettare il lavoro della vita per smettere di farsi mantenere
Il principio contenuto nel dispositivo si può riassumere come segue: terminati gli studi è dovere dei figli e segno di maturità inserirsi nel mondo del lavoro anche se questo, inizialmente, significa accontentarsi di un lavoro non idoneo al proprio profilo.
Nel caso di specie i giudici in Cassazione hanno respinto il ricorso di una madre che si era vista revocare in appello l’assegnazione della casa coniugale in cui viveva con il figlio e l’assegno di mantenimento, corrisposto dall’ex marito, in favore del figlio trentenne (insegnante di musica precario). Facendo un paragone con il resto d’Europa, già i giudici d’appello avevano criticato il nostro sistema in cui anche a 30 anni è pensabile mantenere i figli “solo” perché non hanno un lavoro stabile. La disoccupazione, infatti, si legge nel dispositivo, è un problema che prescinde dall’età. Lo stesso marito obbligato al mantenimento, a 60 anni, aveva chiuso il negozio di ferramenta ed era tornato a vivere con la madre. Sarebbe dunque dovuto scattare in capo a quest’ultima l’obbligo di mantenimento del figlio disoccupato? Peraltro il figlio, seppur precario, dichiarava redditi non trascurabili (circa 20 mila euro l’anno). Non solo: l’attività lo portava a spostarsi fuori città quindi la convivenza con la mamma nella casa coniugale era sporadica.
Neanche i figli di famiglie benestanti possono crogiolarsi sul mantenimento: dopo gli studi è loro dovere rendersi indipendenti.