I social networks sono un’arma straordinaria per comunicare in tempo reale con un numero potenzialmente enorme di persone. Se esistono dubbi sul come utilizzarli in maniera appropriata, specie se si ricoprono incarichi pubblici di un certo spessore (quasi quotidiane le polemiche negli USA sul profilo Twitter del presidente Donald Trump), ieri ci è stata data conferma di quanto possano essere un’arma a doppio taglio per un politico. A farne le spese è stata la sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, che prima dal suo profilo Facebook e rilanciando su quello Twitter, ha dato con entusiasmo la notizia del raggiungimento della parità di genere in busta paga in Norvegia per i calciatori.
L’Associazione Calcio Norvegese (Norges Fotballforbund) ha annunciato, infatti, che erogherà alla nazionale di calcio maschile la stessa somma che sarà versata a quella femminile, ovvero 6 milioni di corone per squadra (640.000 euro), a partire dalla prossima stagione. Ad oggi, il club femminile ha a disposizione un budget di 3,1 milioni di corone contro i 6,55 milioni dei colleghi maschi. Questi ultimi si vedranno tagliare gli stipendi per un totale di 550.000 corone, somma che finanzierà l’equità salariale di genere.
Per la Boschi, si tratta di una notizia positiva, che porrebbe al centro del dibattito politico la questione delle pari opportunità tra uomini e donne al lavoro, tanto che a sua volta ha annunciato dai social di volere parlare del tema con il ministro dello Sport, Luca Lotti, chiarendo che il segnale di equità dovrebbe arrivare proprio dal mondo dello sport. Il post su Twitter dell’ex ministro delle Riforme, declassato a sottosegretario con il cambio di governo nel dicembre scorso, è stato commentato da centinaia di utenti, il più delle volte con insulti. C’è chi, ad esempio, ha chiesto che si attui la parità salariale tra deputati e operai, e via dicendo.
Occupazione femminile molto bassa
Un autogol, quello della Boschi, che pure ambiva a lanciare un messaggio positivo, di attenzione alla condizione femminile nel mondo del lavoro. Peccato, però, che forse la sua posizione nell’esecutivo la starebbe allontanando anni luce dalla realtà pratica di tutti i giorni. Non che non abbia meritato attenzione la mossa della lega calcio norvegese, ma che si debba partire dall’equiparazione dei mega-stipendi (molto meno mega in Norvegia) tra calciatori e calciatrici in Italia per perseguire la parità di genere in busta paga è ridicolo anche solo pensarlo. Anziché pensare a quanto percepirà la nazionale femminile dello sport più amato dagli italiani, la Boschi dovrebbe guardare alle cifre disastrose sull’occupazione tra le donne in Italia, tra le più basse del mondo occidentale, al 49,1% nel secondo trimestre, quando la media UE è del 62,5%. Peggio di noi fa solo la Grecia.
Quanto, invece, al trattamento salariale, l’Italia e il Lussemburgo vantano le minori disparità di tutta la UE con una differenza di appena il 5%. Ciò sarebbe il riflesso, nel nostro caso, dell’alta incidenza del pubblico impiego tra le donne occupate, innalzando la retribuzione media tra le lavoratrici e riducendo così le distanze con i colleghi uomini. Infine, se la Norvegia ha potuto permettersi una misura di questo tipo per le sue nazionali di calcio è solo perché le cifre in gioco appaiono risibili (circa 55.000 euro per ciascun titolare). Possiamo mai immaginare che in Italia, il portiere azzurro Gigi Buffon riceva lo stesso stipendio di Laura Giuliani, che riveste lo stesso ruolo nella nazionale femminile? Il giro d’affari della squadra maschile è enormemente più elevato di quello movimentato dalla squadra femminile, dipendendo da fattori storici e culturali, non certo dalla bravura delle componenti di quest’ultima.